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G. VIRGA, Il prezzo della giustizia (a proposito dell’aumento fino a 2.000 euro del contributo unificato previsto dal maxi-emendamento alla legge finanziaria 2007).
FRANCESCO VOLPE
(Straordinario di diritto amministrativo nella
Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Padova)
Nel condividere le critiche portate al nuovo regime sul Contributo unificato, vorrei soffermarmi sulle ragioni che sembrerebbero essere state addotte per giustificarlo.
Le ragioni di questo nuovo aumento sarebbero, dunque, le seguenti:
1) da un lato, si dice che le cause disciplinate dall'art. 23 - bis sono sottoposte ad un rito accelerato, rispetto a tutte le altre. La velocità del giudizio, dunque, si paga.
2) i quattrini che affluiranno nelle casse dello Stato serviranno ad assumere nuovi giudici amministrativi o nuovo personale di segreteria.
Entrambe le giustificazioni sono capziose.
È vero che la legge prevede un rito accelerato per le cause in materia di espropriazioni e appalti: esse addirittura, dovrebbero essere decise entro tre mesi. Ma questo, nella realtà, non avviene, perché raramente il Giudice rispetta questi termini.
In secondo luogo, la maggior velocità del giudizio va paragonata a quella del rito ordinario, che, come sappiamo, è tendente a zero. Questo evidenzia, dunque, che i 500 euro che si continuano a pagare per le cause ''non 23 bis'' sono di fatto regalati allo Stato, visto che l'udienza è fissata quando ormai della causa importa poco a tutti, sì da avviarsi a una pietosa perenzione decennale.
In terzo luogo, occorre anche ricordare perché le cause disciplinate dall'art. 23 - bis dovrebbero essere più veloci. E qui si deve chiarire che tale accelerazione non è stata prevista per favorire il ricorrente, ma per favorire l'Amministrazione che resiste. Poi, per compensare una minor tutela che il ricorrente ha, per questo tipo di cause, in sede cautelare e di sospensiva.
Si è detto: per favorire l'Amministrazione resistente. Infatti, se l'impugnazione di un'espropriazione o di un appalto venisse decisa dal Giudice a distanza di molti anni, non si potrebbe più tornare indietro e restituire il bene al cittadino espropriato o affidare l'appalto all'impresa ingiustamente scavalcata. Infatti, nel frattempo l'opera è stata fatta e sul campo di patate del cittadino corre ormai la nuova tangenziale.
In questi casi, l'ente pubblico è costretto a risarcire il danno (con rivalutazione e interessi) a chi non aveva potuto ottenere tempestiva giustizia. Dunque: il rito accelerato serve per prima cosa a evitare alla pubblica Amministrazione di pagare danni troppo ingenti.
Inoltre, in questo tipo di cause, la legge prevede che sia più difficile ottenere la sospensiva del provvedimento, nelle c.d. more del giudizio: proprio perché non si vogliono fermare le opere pubbliche. Infatti, la sospensione viene rilasciata solo se il ricorrente dimostra che l'esecuzione del provvedimento impugnato (l'esproprio, l'aggiudicazione della gara d'appalto) causa un danno eccezionale.
Se, dunque, il rito accelerato è previsto nell'interesse della pubblica Amministrazione e per compensare una minor tutela cautelare, perché mai il cittadino deve pagare un sovrapprezzo?
Ma è capzioso anche sostenere che gli aumenti del C.U. serviranno ad assumere nuovi giudici.
Non che non ce ne sia bisogno, beninteso: i T.A.R. e il Consiglio di Stato sono notoriamente sotto organico (anche perché molti magistrati sono distaccati nei gabinetti dei Ministeri: questo è un altro discorso su cui bisognerebbe riflettere perché emergerebbero tanti aspetti discutibili). Ma il fatto è che l'aumento del C.U. diminuirà assai il contenzioso nel suo complesso. E allora che bisogno ci sarà di nuovi giudici?
Ma il sospetto è che queste siano solo le ragioni formali: quelle cioè da esibire al pubblico. Temo, invece, che la ragione vera, ma non detta, sia quella di disincentivare il ricorso alla giustizia amministrativa.
Se così fosse, vi sarebbe da preoccuparsi ancora di più.
In primo luogo perché tale ticket di accesso grava proporzionalmente di più sui soggetti economicamente più deboli. Eppure nei Tribunali si legge ancora che ''la legge è uguale per tutti''.
In secondo luogo, perché non dobbiamo dimenticarci che la possibilità di contestare gli atti dell'autorità pubblica davanti ad un giudice (quale esso sia) è alla base della trasformazione dello Stato assoluto nello Stato di diritto e della trasformazione del suddito in cittadino.