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CORTE COSTITUZIONALE - ordinanza 21 luglio 1988 n. 867 - Pres. Saja - Red. Pescatore - Palladino c. Circolo didattico di Sampierdarena - Pres. Cons. Ministri (Avv.ra Stato).

Istruzione pubblica - Esami scuole elementari - Provvedimenti con cui si nega il passaggio alla classe superiore - Mancata previsione della loro ricorribilità davanti all'A.G.O. - Questione di costituzionalità - Manifesta infondatezza.

Giustizia amministrativa - In genere - Tutela accordata agli interessi legittimi del processo amministrativo - Adeguatezza - Ragioni.

E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 29, 30 e 34 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 L. 4 agosto 1977 n. 517, nella parte in cui non prevede che, avverso i provvedimenti dell'insegnante o degli insegnati di classe relativi al passaggio degli alunni dall'una all'altra classe del corso d'istruzione elementare, sia consentito ai genitori, in proprio e quali legali rappresentanti dei figli minori, ricorso al giudice ordinario (1).

Nessuno degli articoli della Costituzione richiamati garantisce, in relazione alla carriera scolastica, un diritto soggettivo assoluto, mentre il riconoscimento al riguardo di un interesse legittimo appare idoneo ad assicurare adeguata tutela (costituzionalmente garantita ex artt. 24, comma 1, 103, comma 1 e113 Cost.) alla posizione soggettiva degli interessati ai quali, con il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, è assicurato il controllo giudiziale della legalità dell'azione dell'amministrazione scolastica, attraverso la valutazione dell'esercizio della discrezionalità amministrativa e, ove ne ricorrano le circostanze, l'annullamento degli atti illegittimi, accompagnato dalla possibilità di tutela cautelare, in fase di sempre più incisiva espansione, in un ambito di esclusiva pertinenza del giudice amministrativo (2).

DIRITTO - Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1988 il giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che il Pretore di Sampierdarena, con ord. 15 settembre 1987 (R.O. n. 808 del 1987) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 L. 4 agosto 1977 n. 517, nella parte in cui non prevede che, avverso i provvedimenti dell'insegnante o degli insegnanti di classe relativi al passaggio degli alunni dall'una all'altra classe del corso d'istruzione elementare, sia consentito ai genitori, in proprio e quali legali rappresentanti dei figli minori, ricorso al giudice ordinario;

- che la questione è stata sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 29, 30 e 34 Cost. sotto il profilo che esisterebbe al riguardo un diritto assoluto, non adeguatamente tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, competente a conoscere della legittimità dei provvedimenti su detti, in quanto la norma impugnata configura la posizione dei genitori e degli alunni come interesse legittimo;

- che appare evidente la manifesta infondatezza della questione, in quanto nessuno degli articoli della Costituzione anzi detti garantisce, in relazione alla carriera scolastica, un diritto soggettivo assoluto, mentre il riconoscimento al riguardo di un interesse legittimo appare idoneo a garantire adeguata tutela (costituzionalmente garantita: artt. 24 comma 1, 103 comma 1, 113 Cost.) alla posizione soggettiva degl'interessati ai quali, con ricorso agli organi di giustizia amministrativa, è assicurato il controllo giudiziale della legalità dell'azione dell'amministrazione scolastica, attraverso la valutazione dell'esercizio della discrezionalità amministrativa, e ove ne ricorrano le circostanze, l'annullamento degli atti illegittimi, accompagnato dalla possibilità di tutela cautelare, in fase di sempre più incisiva espansione, in un ambito di esclusiva pertinenza del giudice amministrativo.

Visti gli artt. 26 L. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 L. 4 agosto 1977 n. 517 ("Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonchè altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico"), sollevata dal Pretore di Sampierdarena con ord. 15 settembre 1987 (R.O. n. 808, 1987), in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 29, 30 e 34 Cost.

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(1-2) Nota di

GIOVANNI VIRGA

INTERESSI LEGITTIMI E DIRITTI SOGGETTIVI: UNA DISTINZIONE
ANCORA UTILE PER CONSEGUIRE UNA MAGGIORE TUTELA.

(pubblicata anche in Dir. proc. amm.)

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1.- L'annotata ordinanza, pur essendo non recente, è passata quasi del tutto inosservata (1). Eppure, nella sua pur stringata motivazione, si afferma che la tutela giurisdizionale accordata all'interesse legittimo nel processo amministrativo è adeguata e non minore (anzi, sotto alcuni profili, addirittura maggiore) rispetto a quella garantita dal diritto soggettivo.

Affermazione quest'ultima non di poco momento e particolarmente attuale, atteso che di recente (2) si è posto in dubbio l'utilità della distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi ed è stato addirittura proposto di abolire il Consiglio di Stato e cioè l'organo giurisdizionale che ha determinato il nascere ed ha maggiormente contribuito allo sviluppo dell'interesse legittimo; organo, è stato detto, "da buttare", in quanto fattore di ritardo per l'amministrazione e di minore tutela per il privato.

Viceversa, se la Corte costituzionale (attraverso uno dei suoi più illustri componenti) ha potuto affermare che la tutela in atto accordata agli interessi legittimi non è inferiore a quella dei diritti soggettivi, ciò è potuto avvenire anche facendo riferimento alla giurisprudenza pretoria del Consiglio di Stato, la quale - talvolta superando le scarne norme che regolano il processo amministrativo (si pensi ad es. alle norme in materia di esecuzione del giudicato) - ha ampliato sempre più l'ambito di tutela giurisdizionale del privato nei confronti della P.A. (3).

2.- La questione di costituzionalità affrontata dalla Corte con l'ordinanza in rassegna, rimessa dal Pretore di Sampierdarena con ordinanza del 15 settembre 1987 (4), riguardava la legittimità dell'art. 1 della L. 4 agosto 1977 n. 517 (in relazione agli artt. 2, 3, 24, 29, 30 e 34 Cost.), nella parte in cui tale norma configura la posizione giuridica soggettiva dell'alunno non ammesso dall'autorità scolastica alla classe superiore come un "mero" interesse legittimo e non piuttosto come un diritto soggettivo,

Secondo l'ordinanza di rimessione, infatti, l'avere configurato la posizione dell'alunno come di interesse legittimo "costringe" l'alunno stesso (od i genitori esercenti la potestà, nell'ipotesi in cui l'alunno stesso sia minorenne) ad adire l'autorità giurisdizionale amministrativa e non piuttosto l'autorità giudiziaria ordinaria, la quale offrirebbe una più pregnante ed efficace tutela.

Tale questione è stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte sotto un duplice profilo:

a) perchè nessun articolo della Costituzione garantisce un diritto soggettivo assoluto alla carriera scolastica;

b) perchè l'avere configurato la posizione dell'alunno non ammesso alla classe superiore come di interesse legittimo appare idoneo a garantire una adeguata tutela giurisdizionale (ai sensi degli artt. 24, 1° comma, 103, 1° comma, e 113 Cost.), atteso che, "con il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, è assicurato il controllo giudiziale della legalità dell'azione dell'amministrazione scolastica, attraverso la valutazione dell'esercizio della discrezionalità amministrativa e, ove ne ricorrano le circostanze, l'annullamento degli atti illegittimi, accompagnata dalla possibilità della tutela cautelare, in fase di sempre più incisiva espansione".

3.- Limitando l'esame a quest'ultima proposizione, c'è da chiedersi se possa ormai tranquillamente affermarsi che la tutela giurisdizionale accordata agli interessi legittimi è adeguata e non inferiore a quella riconosciuta ai diritti soggettivi.

Non è certo questa la sede per rispondere in termini esaustivi al quesito, la cui soluzione richiede riflessioni che vanno ben oltre i limiti del presente scritto.

L'affermazione della Corte circa l'equivalenza (o, addirittura, la prevalenza, come ha lasciato intendere stesso Relatore dell'ordinanza in rassegna (5)) della tutela giurisdizionale accordata agli interessi legittimi rispetto a quella offerta dall'A.G.O. ai diritti soggettivi - già peraltro anticipata in dottrina (6) - merita tuttavia un approfondimento.

E' a tutti noto come l'interesse legittimo abbia nel passato sofferto di una sorta di "complesso d'inferiorità" nei confronti del suo fratello maggiore diritto soggettivo.

Le stesse espressioni utilizzate per denominare l'interesse legittimo (qualificato come interesse "indirettamente protetto" od "occasionalmente protetto" (7), ovvero ancora come una posizione giuridica soggettiva "che sorge in relazione a norme che per definizione non si occupano di esso" (8)) e la difficoltà della dottrina di pervenire ad una sua definizione univoca ed unitaria (9), hanno comportato da sempre che una certa aurea di incertezza aleggiasse su tale posizione giuridica soggettiva e che, nel contempo, si formasse la convinzione secondo cui l'interesse legittimo costituisce una situazione menomata e comunque riflessa (una specie di ombra del diritto soggettivo, o, in termini più moderni, un mero anticorpo, idoneo a limitare l'azione del virus dell'interesse pubblico, di fronte al quale il diritto soggettivo deve indietreggiare).

Tale concezione è arrivata pressochè immutata sino ai nostri giorni, nonostante che la Carta costituzionale (agli artt. 24, 103 e 113) riconosca espressamente all'interesse legittimo pari dignità e tutela rispetto al diritto soggettivo.

E' stato merito dell'annotata ordinanza ricordarci non solo dell'esistenza dei succitati principi costituzionali, ma anche che la verifica non va disposta in astratto, sibbene in concreto, accertando sul piano della disciplina positiva se la tutela offerta all'interesse legittimo sia almeno pari a quella assicurata al diritto soggettivo.

La stessa prospettiva vorremmo seguire in questa breve indagine chiedendoci, non tanto - sul piano dogmatico e storico - che cos'é o da da dove derivi l'interesse legittimo, ma sotto quello più prosaicamente positivo, se sia ancora attuale la nozione di interesse legittimo e quali sono le prospettive per una sua futura maggiore espansione.

4. Sotto il primo profilo (stato attuale dell'interesse legittimo e della sua tutela) non è possibile negare innanzitutto che, mentre negli ultimi decenni il diritto soggettivo è rimasto "al palo", immobile nella sua posizione assolutistica e potenzialmente indeterminata, refrattaria alle limitazioni provenienti dall'esterno, l'interesse legittimo ha subìto una evoluzione molto spinta (una vera e propria "metamorfosi" (10)).

Sotto un primo profilo, mediante il riconoscimento di tale posizione di vantaggio in favore non solo dei singoli, ma, in generale, ad organismi esponenziali della collettività.

Il fenomeno del riconoscimento degli interessi diffusi e collettivi è proprio della categoria dell'interesse legittimo e prova la vitalità di quest'ultima posizione giuridica soggettiva, non limitata alla (individuale e vagamente egoistica) difesa della posizione giuridica riconosciuta da attacchi che possano venire dall'esterno, ma protesa verso il riconoscimento di interessi superindividuali che trascendono e prevalgono su quelli dei singoli (11).

Ma la maggiore evoluzione dell'interesse legittimo si è manifestata soprattutto sotto il profilo dell'espansione della tipologia degli interessi legittimi.

Si è cominciato con l'individuazione di interessi diversi da quelli oppositivi intorno ai quali si è modellato originariamente il sistema di giustizia amministrativa, interessi che sono stati classificati come "pretensivi" e "partecipativi" (12).

E' proprio questo il campo in cui l'interesse legittimo ha trovato una sua precisa collocazione ed una propria autonomia.

Con l'individuazione e l'espansione delle categorie degli interessi pretensivi e partecipativi, parallela al processo di progressiva erosione della autoritarietà dell'azione amministrativa e del suo atteggiarsi come una un'attività di servizio e genericamente comunitaria, l'interesse legittimo si è preso una rivincita sul diritto soggettivo, scrollandosi di dosso la posizione sudditanza o comunque d'inferiorità nella quale si trovava.

Mentre infatti l'archetipo del diritto soggettivo pieno e perfetto, inteso come situazione piena e potenzialmente assoluta, è rimasto fermo al diritto di proprietà, staticamente geloso delle sue prerogative e timoroso di perderle sotto l'incalzare dell'interesse pubblico, l'archetipo dell'interesse legittimo non è più - correlativamente - l'interesse oppositivo che cerca di contrastare la degradazione del diritto soggettivo, ma anche e soprattutto l'interesse (pretensivo) tendente ad ottenere dall'apparato amministrativo servizi e prestazioni nonchè l'interesse (partecipativo) ad una più penetrante condivisione e coogestione dei pubblici poteri (13).

Ed è intorno alla categoria degli interessi pretensivi che l'interesse legittimo potrà trovare in futuro una collocazione unitaria, facendo leva proprio sul concetto di "pretesa" che costituisce un minimo comun denominatore degli interessi legittimi; pretesa non soltanto più ferma - così come passate definizioni lasciano intendere (14) - alla verifica della legittimità (formale) del procedimento amministrativo e dell'atto in cui quest'ultimo è sfociato, ma diretta a fornire protezione ad una serie di posizioni giuridiche soggettive (ad es. il c.d. diritto alla salute ed all'ambiente, per ciò che concerne gli interessi pretensivi e il diritto di accesso ed intervento al e nel procedimento, per ciò che concerne gli interessi partecipativi) che, sia pur lentamente, vanno trovando riconoscimento nel nostro ordinamento.

E' quindi questa la nouvelle frontiere dell'interesse legittimo.

Coeva alla espansione della categoria generale degli interessi legittimi è stata l'evoluzione dello strumento processuale amministrativo.

E' significativo notare come la Corte, per affermare la adeguatezza della tutela giurisdizionale garantita all'interesse legittimo, abbia fatto riferimento a due aspetti del giudizio amministrativo (il sindacato sulla discrezionalità amministrativa attraverso le varie figure di eccesso di potere e la tutela offerta in sede cautelare) che costituiscono le "punte avanzate" del processo amministrativo e che, specie negli ultimi tempi, hanno subìto una notevole evoluzione, specie ad opera della giurisprudenza pretoria prima del Consiglio di Stato e poi dei TT.AA.RR.

Il riferimento della Corte alla "valutazione dell'esercizio della discrezionalità amministrativa" per definire l'oggetto del giudizio amministrativo, innanzitutto, riflette una mutata e più moderna concezione del processo amministrativo, il quale non è più visto come uno strumento di verifica della legittimità (formale) dell'atto impugnato previsto principalmente - se non esclusivamente - nell'interesse dell'Amministrazione, sibbene come un mezzo di permeante controllo sulla attività discrezionale svolta dalla pubblica amministrazione previsto per risolvere i conflitti che nascono tra quest'ultima ed i cittadini o, addirittura, tra amministrazioni diverse (15); concetto peraltro ribadito dalla Corte in una successiva sentenza (16) con la quale, occupandosi della legittimità costituzionale del sistema probatorio previsto nell'ambito della giurisdizione di legittimità, ha affermato che "nel processo amministrativo, la tutela degli interessi legittimi avviene attraverso il sindacato sull'esercizio del potere".

Si tratta di una visione paritaria del processo amministrativo che bene riflette lo stato di evoluzione del moderno processo di legittimità e che si colloca, per così dire dire, in una posizione intermedia rispetto alle due contrapposte concezioni (sindacato sull'atto e sul rapporto) che solitamente si contendono il campo.

In questo quadro generale, il sindacato sulla discrezionalità che può essere compiuto dal giudice amministrativo utilizzando la figura dell'eccesso di potere, costituisce indubbiamente, com'è stata efficacemente detto, "un quid di inarrivabile, irraggiungibile, alla stregua degli interventi delle altre giurisdizioni" (17).

L'eliminazione della figura dell'interesse legittimo non si tradurrebbe quindi, come affermato di recente, in un ampliamento di tutela, ma in una sua sensibile riduzione, essendo ben rari se non inesistenti i casi in cui il giudice ordinario disapplica un provvedimento perchè viziato da eccesso di potere.

L'operazione che si propone di effettuare (eliminazione della figura dell'interesse legittimo e sua omologazione con il diritto soggettivo), sembra riecheggiare la filosofia di fondo che ispirò la legge abolitiva del contenzioso amministrativo del 1865, la quale - com'è noto - stabilì che per un certo numero di controversie (gli affari non compresi tra i diritti civili e politici), le parti se la vedessero da sè; salvo poi fare marcia indietro nel 1889, con la legge istitutiva della IV Sezione (18).

In realtà, in materia di interessi legittimi si fa una grande confusione.

Non vi è dubbio che l'interesse legittimo - come criterio di riparto di giurisdizione - ha fatto ormai il suo tempo. Preferibile sarebbe adottare un sistema di riparto per materia, sull'esempio della legislazione francese; in tal senso si sono orientati tutti i progetti di riforma del processo amministrativo, nonchè la legislazione più recente.

Ma l'interesse legittimo, come ci ricordava poco tempo prima della sua scomparsa un compianto Maestro (19), non è affatto superato come mezzo di tutela e di sindacato sull'attività amministrativa.

E' significativo anche il riferimento che fa la Corte allo strumento cautelare "in fase di sempre più incisiva espansione (20) ed in ambito di esclusiva pertinenza del giudice amministrativo", per per sottolineare l'alto grado di effettività raggiunto processo amministrativo.

5. Possono i due aspetti del processo amministrativo (sindacato sull'esercizio del potere amministrativo mediante la figura dell'eccesso di potere e utilizzo sempre più esteso della tutela cautelare) sorreggere - di per sè soli - l'affermazione circa la idoneità dello strumento processuale amministrativo a garantire adeguata tutela ?

Il discorso a questo punto si fa più generale ed investe in via preliminare i parametri alla stregua dei quali valutare in termini sia quantitativi che qualitativi la idoneità di un determinato strumento processuale a soddisfare gli interessi per i quali esso è previsto.

Tali parametri possono sinteticamente individuarsi: a) nella rapidità; b) nella adeguatezza; c) e nella efficienza (rectius: effettività) dello strumento processuale, intendendo con il primo attributo (rapidità) indicare la velocità della risposta data dall'ordinamento ad un interesse che si assume leso, con il secondo (adeguatezza) la predisposizione di mezzi idonei a garantire una risposta quanto più giusta - nei limiti in cui quest'ultimo termine viene solitamente inteso e cioè quanto più conforme alle norme ed ai principi posti dall'ordinamento giuridico, e con il terzo (effettività) la previsione di mezzi idonei a garantire una effettiva soddisfazione dell'interesse che si è accertato essere stato leso.

Nel processo classico (mi riferisco soprattutto al giudizio civile ordinario; ma altrettanto è da dirsi - con le dovute limitazioni che gli erano proprie - per il processo amministrativo) si è da sempre cercato tendenzialmente di privilegiare il secondo aspetto.

Il che poteva risultare accettabile in un periodo di inizio secolo qual'è quello in cui è essenzialmente sorto nei suoi profili generali il processo amministrativo. La rapidità allora infatti non costituiva un grosso problema (in considerazione della esiguità della questioni trattate derivante anche dall'estrema lontananza degli organi di giustizia amministrativa e dal minore intervento dello Stato e dei suoi apparati nella società), mentre la effettività dello strumento processuale - nell'ottica nella quale il processo amministrativo nacque (e cioè come strumento di controllo dell'azione amministrativa previsto principalmente per soddisfare esigenze di unità e di intima coerenza dell'Amministrazione, la cui valutazione - anche in seguito alla sentenza che definiva il giudizio - era rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione stessa) - era un problema del tutto secondario.

I limiti di tale tipo di processo tuttavia si sono mostrati sempre più evidenti in un'epoca - come quella attuale - durante la quale l'aumento vertiginoso del contenzioso e la mutata concezione del rapporto tra cittadini ed amministrazione, hanno brutalmente messo a nudo le originarie carenze del processo amministrativo.

Non sembrano a tal fine risolutivi i notevoli sforzi ermeneutici e talvolta propriamente creativi (con operazioni talvolta di "bruta normazione giurisprudenziale") del Consiglio di Stato e dei TT.AA.RR., ai quali la Corte fa riferimento nell'ordinanza annotata.

La rapidità della risposta - attraverso una più adeguata ed estesa utilizzazione dello strumento cautelare - è senza dubbio in aumentata; ma la tutela offerta dall'ordinanza cautelare è pur sempre limitata e, in molti casi impraticabile (specie nel campo dei provvedimenti negativi, allorchè essi non accedano a provvedimenti che disciplinano il rapporto).

Notevoli miglioramenti sono stati apportati alla adeguatezza della risposta attraverso un più esteso impiego della figura dell'eccesso di potere per sindacare la discrezionalità dell'azione amministrativa; ma gli strumenti istruttori, anche a seguito della novella introdotta dalla legge istitutiva dei TT.AA.RR. e dalla sentenza della Corte Costituzionale in materia di pubblico impiego, rimangono pur sempre limitati ed impongono un giudizio allo stato degli atti, o, peggio, estremamente formale.

La effettività della risposta è di pari passo aumentata mediante un potenziamento del giudizio di ottemperanza, ma non può dirsi completamente adeguata per i limiti ermeneutici imposti dalle scarne norme che prevedono l'esecuzione del giudicato, che non hanno finora consentito alla giurisprudenza di estendere tale strumento alle sentenze di primo grado dichiarate ope legis immediatamente esecutive ed alle sentenze interlocutorie rimaste ineseguite, o che hanno imposto - per ciò che concerne il momento al quale fare riferimento per l'esecuzione - l'adozione di soluzioni di compromesso, chiaramente punitive nei confronti del titolare dell'interesse leso.

Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte per il processo civile il quale, come e forse più del processo amministrativo, attraversa un profondo travaglio e non soddisfa più le crescenti e mutate esigenze (soprattutto in termini di rapidità ed effettività) della società moderna.

Il problema non è quindi tanto è se abolire la figura dell'interesse legittimo; tale abolizione, che implicherebbe peraltro una revisione della 1° parte della Costituzione, preclusa alla Commissione bicamerale dalla sua legge istitutiva, di per sè non comporterebbe un aumento di tutela giurisdizionale, ma addirittura una diminuzione.

Così come ci ricorda infatti la Corte costituzionale con la ordinanza in rassegna, la tutela offerta dall'interesse legittimo non è (nè può essere) inferiore a quella accordata dall'ordinamento al diritto soggettivo; anzi, per alcuni aspetti, è per adesso superiore.

Il vero problema è invece quello di ampliare la tutela accordata all'interesse legittimo, sia prevedendo (sotto la spinta del diritto comunitario) la possibilità di conseguire il risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi (21), sia rivedendo le modalità di svolgimento del processo amministrativo, in modo da garantire una tutela non solo adeguata, ma anche rapida ed efficiente.

GIOVANNI VIRGA

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NOTE

(1) Per quanto è dato di conoscere, gli unici ad avere segnalato l'ordinanza in questione sono stati G. PESCATORE, Relazione per il quindicesimo anniversario del T.A.R. Sicilia, Palermo, 20 marzo 1989 (inedita); id., Attualità dell'"interesse legittimo" tra ripensamenti della dottrina ed indicazioni della giurisprudenza, in Studi per il centenario della quarta sezione, vol. II, Roma, 1989, 551 e S. GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva tra l'essere ed il divenire, ivi, 648.

(2) Il riferimento in particolare è ad un articolo di fondo di E. SCALFARI, intitolato: "Consiglio di Stato da buttare" pubblicato nel quotidiano La Repubblica del 9 febbraio 1997.

(3) La funzione creativa svolta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato è stata più volte messa in risalto dalla dottrina: v. sul punto in part. E. GIUCCIARDI, Legislatori ... e no, in Giur. it. 1960, III, c. 50; M.S. GIANNINI, Discorso generale sulla giustizia amministrativa, in Riv. dir. proc. 1963, p. 535; P. D'AMELIO, La formazione giudiziale del diritto amministrativo, in Foro amm. 1969, III, p. 118; G. GUARINO, Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi, in Riv. trim. dir. pubbl. 1970, p. 971; D. FELICI, "Iuris positio" e Consiglio di Stato, in Studi in onore di A. Papaldo, Milano 1975, 154 ss.; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna p. 326.

(4) L'ordinanza di rimessione è stata pubblicata nella G.U. n. 54/1987, parte I ed in Giur. cost. 1987, II, 1245.

(5) Cfr. sul punto, PESCATORE, Relazione, cit., secondo il quale, l'avere affermato che la tutela giurisdizionale amministrativa comporta un sindacato più esteso sui poteri discrezionali della P.A. ed implica una tutela più penetrante rispetto a quella offerta dalla giurisdizione ordinaria, "è un punto di estremo interesse perchè non soltanto ribadisce la costituzionalizzazione della figura dell'interesse legittimo, ma al tempo stesso rappresenta e determina, nell'ambito della giurisdizione amministrativa, quel quid di peculiare che è inarrivabile, irraggiungibile alla stregua degli interventi di altre giurisdizioni".

(6) M. NIGRO, Ma cos'è questo interesse legittimo? Vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Foro it. 1987, V, 469., il quale in particolare (alla col. 481), chiedendosi se le situazioni di interesse legittimo siano in grado di assicurare adeguata tutela, afferma sinteticamente che "le situazioni di interesse legittimo possono, a mio giudizio, assicurare la tutela cui giustamente aspira. Esse non hanno nulla che le condanni a garantire una protezione di serie B. Strutturalmente e funzionalmente l'interesse legittimo non determina inidoneità od incapacità istituzionali. A patto però che il giudice amministrativo si liberi totalmente dal complesso della necessaria considerazione delle ragioni dell'interesse pubblico considerato in astratto e in generale (il che significa delle ragioni della potestà amministrativa); acquisti consapevolezza del nuovo modo di essere, dialettico e partecipato, delle potestà amministrative; e riesca a creare nel processo quell'equilibrio fra "pretese" del ricorrente (o in genere delle parti private) e "pretese" dell'amministrazione che costituisce la rappresentazione o la proiezione processuale del rapporto amministrativo esistente sul terreno sostanziale"; nello stesso senso v. F.G. SCOCA, Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni (ordinaria ed amministrativa), in questa Rivista 1989, 549 ss. ed in part. a pag. 621 ove, richiamando il citato scritto di M. Nigro, afferma che la tutela offerta agli interessi legittimi non può essere considerata come una tutela "dimidiata", e che "l'interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva di pari dignità rispetto al diritto soggettivo e deve trascinare un livello di tutela equipollente".

(7) Cfr. sul punto CANNADA BARTOLI, voce "Interesse (diritto amministrativo)", in Enc. dir., vol. XXII, Milano 1972, 7 e ss., nonchè (con una netta critica della nozione di degradazione dei diritti), A. SCHREIBER, Il riparto di giurisdizione fra degradazione del diritto e disapplicazione dell'atto amministrativo, in Foro amm. 1986, 1598.

(8) Per un quadro riassuntivo v. GIACCHETTI, op. loc. cit., 645, il quale definisce efficacemente l'interesse legittimo come "una specie di bimbo tenuto perennemente per mano dall'interesse pubblico".

(9) Celebre e più volte citata è l'affermazione di M. NIGRO (in Silvio spaventa e la giustizia amministrativa come problema politico, in Studi in onore di A. Papaldo, Milano 1975) secondo cui "l'interesse legittimo costituisce uno dei più grossi rompicapo della teoria generale del diritto"; sulla difficoltà di pervenire ad una definizione unitaria dell'interesse legittimo v. A. ROMANO, Diritto soggettivo, interesse legittimo ed assetto costituzionale, Firenze, 1980, 47 e id., La situazione legittimante al processo amministrativo, in Studi per il centenario della quarta sezione, vol. II, Roma 1989, 513 ss. ed in questa Rivista 1989, 511 ss., il quale in particolare si chiede se alla "molteplicità dei compiti che alla figura dell'interesse legittimo si vorrebbero fare assolvere" sia possibile "piegarvi una nozione unitaria".

(10) L'espressione, molto efficace, è di M. NIGRO, Giurisprudenza amministrativa e trasformazioni dell'amministrazione: riflessioni sulle conseguenze sostanziali di assetti processuali, in Studi per il centenario della quarta sezione, vol. II, Roma 1989, 566.

(11) Sul riconoscimento degli interessi diffusi v. M. NIGRO, Le due facce dell'"interesse diffuso": ambiguità di una formula e mediazioni della giurisprudenza, in Foro it. 1987, V, 7 ss.; CERULLI IRELLI, Proprietà pubblica e diritti collettivi, Padova, 1984; TROCKNER, Gli interessi diffusi nell'opera della giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, 1112; ROMEO, L'interesse diffuso, l'ambiente e il giudice amministrativo, in questa Rivista 1986, 562; TORREGROSSA, Profili della tutela dell'ambiente, in Riv. dir. proc., 1979, 202; P. SALVATORE, Il problema della legittimazione: interesse legittimo, interesse collettivo, interesse diffuso, interesse di fatto, in Studi per il centenario della quarta sezione, vol. II, Roma 1989, 489; anche nel processo civile si è posto il problema della evidenziazione e della tutela degli interessi diffusi: v. sul punto CORASANITI, La tutela degli interessi diffusi davanti al giudice ordinario, in Riv. dir. civ. 1978, 180; GABRIELLI, Appunti su diritti soggettivi, interessi legittimi, interessi collettivi, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1984, 969 e FAZZALARI, Il processo ordinario di cognizione, Torino 1989, 46 ss.; quest'ultimo A. in particolare ammette che sussistono nel diritto processuale civile "insolubili problemi" per inquadrare in modo soddisfacente la categoria degli interessi diffusi, dato che "allo stato, le misure giurisdizionali civili hanno come oggetto di tutela e limiti necessari il "diritto soggettivo" (art. 24 Cost., 2907 c.c. e 99 c.p.c.)" ed osserva preoccupato che il riconoscimento di tali interessi potrebbe comportare "una profonda trasformazione del ruolo del giudice, sempre più apparentato all'amministratore".

(12) Sulla distinzione v. da ult. C.G.A., 25 gennaio 1989 n. 2 e 29 luglio 1989 n. 300.

(13) E' stato efficacemente detto (GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva tra l'essere ed il divenire, cit. 658), che mentre gli interessi oppositivi sono gli interessi legittimi del passato, tipici delle Stato autoritario, figli della classica puissance politique teorizzata da Hauriou, che impone sovranamente la sua volontà facendo terra bruciata intorno a sè ("degradando" - secondo la vecchia terminologia - i diritti soggettivi che incontra sul suo cammino) e limitandosi a concedere che gli amministrati possano ricorrere al giudice per far correggere gli eventuali errori commessi dall'Amministrazione, invece gli interessi pretensivi sono tipici dello Stato liberale moderno, che nella misura in cui allarga il suo raggio d'intervento ne riduce lo spessore autoritativo, presentandosi sempre più come service pubblique, mentre gli interessi partecipativi sono gli interessi legittimi del futuro, tipici di una società in stadio ancora più avanzato, in cui i cittadini non si limitano, passivamente, ad assorbire servizi ma sono anche inseriti, attivamente, nei circuiti decisionali dell'Amministrazione; l'amministrare così diventa non più un fatto unilaterale, ma un fatto comunitario.

(14) V. per tutti P. VIRGA, Diritto amministrativo - Atti e ricorsi, Milano, 1987, 175 ss. il quale definisce l'interesse legittimo come "la pretesa alla legittimità dell'atto amministrativo che viene riconosciuta a quel soggetto che si trovi, rispetto all'esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, in una particolare posizione legittimante"

(15) Sul carattere "policefalo" dell'amministrazione odierna e sull'esistenza non di un unico interesse pubblico ma di una molteplicità di interessi pubblici spesso in conflitto tra loro v. S. AGRIFOGLIO, Il processo amministrativo come processo di parti, Palermo, CO.GRA.S. 1984, 17 e E. STICCHI DAMIANI, Le parti necessarie nel processo amministrativo, Milano 1988, p. 14.

(16) La n. 251 del 1989, pubblicata in questa Rivista 1990, fasc. 1, p. 111 ss. con nota di G. VIRGA, Le limitazioni probatorie nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità.

(17) PESCATORE, Relazione, cit.

(18) V. sul punto in part. S. GIACCHETTI, Il giudizio di ottemperanza nella giurisprudenza del Consiglio di Giustizia amministrativa, in Giur. amm. sic. 1988, II, p. 36 ss., spec. a p. 37, il quale argutamente ha osservato a proposito della legge abolitiva del contenzioso: "La rivoluzione francese aveva pensato di semplificare i processi escludendo la partecipazione degli avvocati; il neo Stato unitario fu ancora più radicale, e ritenne di semplificare le cause eliminando i giudici, e quindi lasciando - in pratica - che, per una certa fascia di controversie, le parti se la vedessero tra loro".

(19) M. NIGRO, Ma che cos'è questo interesse legittimo?, in Foro amm. 1988, p. 317 ss.

(20) Il riferimento allude abbastanza scopertamente agli indirizzi segnati dalle decisioni dell'Adunanza plenaria, 30 aprile 1982 n. 6, in Il Cons. Stato 1982, I, 413 (sulla possibilità per il giudice amministrativo di disporre tutti i provvedimenti idonei atti a garantire l'effettività della tutela interinale) e della stessa Corte Costituzionale (sent. n. 190 del 28 giugno 1985 in questa Rivista 1986, 117 con nota di FOLLIERI) in materia di provvedimenti d'urgenza per le questioni patrimoniali concernenti i pubblici dipendenti; per un quadro complessivo si fa rinvio a E. CANNADA BARTOLI, voce "Sospensione dell'efficacia dell'atto amministrativo, in Nov. Dig. It., Appendice, 460; A. ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, in Foro it. 1985, I, 2491; G. CORSO, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Foro amm. 1986, 1655; G. GIALLOMBARDO, L'apporto della giurisprudenza dei TAR all'evoluzione del processo amministrativo, in Studi per il centenario della quarta sezione, cit., vol. II, 747.

21) Sull'argomento v. da ult. B. DELFINO, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi: verso una soluzione sistematica, in questa Rivista 1996, p. 502 ss. ed ivi ampi riferimenti.


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