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Articoli e note

n. 2/2007 - © copyright

LUIGI OLIVERI

La percezione dei diritti di rogito da parte dei vice segretari

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Nella sua relazione di introduzione dell’anno giudiziario, il Procuratore generale della Corte dei conti afferma: “Alcune pronunce hanno, poi, riguardato la problematica del conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti estranei all’amministrazione, accertando l’esistenza di notevoli danni erariali per il mancato utilizzo del personale e delle strutture interne all’organizzazione. A tale riguardo, la giurisprudenza prevalente considera, in buona sostanza, illegittimi gli incarichi a professionisti esterni quando il compito assegnato coincide con quello rientrante negli obblighi e nelle funzioni previste dalla legge per i dipendenti in servizio.

Altre pronunce di rilievo sono state assunte in tema di depauperamento patrimoniale subìto dall’amministrazione a causa di maggiori spese dovute all’omesso o tardivo pagamento di somme oggetto di obbligazione pecuniaria; sui termini di prescrizione quinquennale per l’accertamento della responsabilità amministrativa in ipotesi di danno indiretto, in tema di omessa riscossione di canoni di locazione relativi ad immobili demaniali, nonché in tema di responsabilità per c.d. “danno all’immagine” dell’amministrazione, con riferimento sia all’individuazione dei suoi elementi costitutivi che alle modalità per la sua quantificazione”.

Il Procuratore generale, indirettamente, evidenzia i casi di maggiore allarme derivante da cattiva gestione del denaro pubblico.

Sembrerebbe, dunque, il caso che gli organi di controllo concentrino particolarmente su questi elementi l’oggetto delle loro indagini. Come, a ben vedere, puntualmente ed encomiabilmente da qualche anno fa il servizio ispettivo della Ragioneria generale dello Stato, nel verificare in modo occhiuto le spese degli enti locali, con particolare riferimento all’applicazione dei contratti di lavoro, collettivi e decentrati.

Oggetto dell’attento esame, che non può e non deve risparmiare alcun aspetto della gestione degli enti locali, è anche la spesa per attribuzione ai vice segretari dei diritti di rogito, in assenza di un contratto collettivo che lo prevedesse espressamente. Assenza che, come è noto, è perdurata dal 1999 al 2006, quando finalmente in sede di contrattazione collettiva ci si è accorti che, forse, trattandosi di regolamentare un aspetto retributivo, era il caso di inserire una specifica clausola nel contratto collettivo.

Rispetto ai grandi temi di allarme richiamati dal Procuratore generale, si tratta di poca roba. Le ricche consulenze, molto spesso fuori controllo, spesso movimentano somme di denaro molto superiori ai diritti di rogito acquisiti dai vicari dei segretari comunali, spesso in “comuni di campagna”, per periodi di sostituzione, per altro, spesso di breve durata.

Nonostante ciò, gli organi di controllo applicano pedissequamente le indicazioni sulle metodologie di esame provenienti dal “centro”.

Ed è noto che da tempo è aperto il “caso” dell’erogazione dei diritti di rogito ai vice segretari, nel periodo di tempo indicato prima, in mancanza della copertura della contrattazione collettiva.

L’allarme sociale per le spese, si suppone non sia alto come quello creatosi per i Bond argentini e le obbligazioni Parmalat. In effetti, non sembra che in Parlamento siano stati presentati disegni di legge o atti ispettivi, finalizzati ad analizzare e risolvere il problema di rilevanti ammanchi di denaro pubblico, per causa di vice segretari comunali.

Tuttavia, in non pochi comuni la Ragioneria, conclusa l’attenta istruttoria ispettiva, chiede perentoriamente alle amministrazioni il recupero delle somme eventualmente erogate ai vicari come diritto di rogito, evocando, come giusto, l’eventuale danno erariale.

Ovviamente, le amministrazioni locali interessate chiedono prontamente ai vice segretari “mariuoli” di restituire il “maltolto”. Le asfittiche finanze pubbliche non potranno che trarne giovamento: in effetti, l’espandersi di queste operazioni contribuirà, si presume, non poco ad una futura forte riduzione dell’imposizione fiscale, così pesantemente condizionata, fino ad oggi, dalle esose prebende pretese dai vice segretari che, sostituendo i titolari nelle funzioni di ufficiale rogante, hanno osato ritenere corretto che l’attività di rogito fosse loro compensata mediante la corresponsione della compartecipazione ai diritti.

Da una parte la “dura lex”. La Ragioneria generale aderisce convinta alla tesi dell’illegittimità della percezione dei diritti di rogito, in quanto i vice segretari, in applicazione del principio di onnicomprensività della remunerazione dei dipendenti pubblici, in particolare se dirigenti, dovrebbero conseguire solo dalle remunerazioni contrattualmente definite il compenso per le prestazioni prestate, anche come sostituti del segretario.

Sicchè, sarebbe costitutiva di danno l’erogazione della compartecipazione ai diritti di rogito, se non recuperata.

E’, in effetti, previsto nella legge il citato principio di onnicomprensività della retribuzione. Sia consentito, tuttavia, di sottolineare che la tesi di cui sopra è esclusivo frutto di un’interpretazione, volutamente restrittiva della legge. Interpretazione in parte illogica, in parte ottusa.

Dal punto di vista, infatti, del danno, cioè del mancato introito della quota parte dei diritti di segreteria da parte dei comuni, è facile individuare alcuni spunti utili a privare di sostanza la tesi restrittiva.

Il principio di onnicomprensività non può, ovviamente, essere tirato fino all’estremo di pretendere la gratuità dell’espletamento di funzioni, quando queste sono ulteriori e non attinenti alla qualifica o al profilo professionale rivestito. Il vice segretario è, come noto, un funzionario o un dirigente, che dirige i settori amministrativi dei comuni, ed è, contemporaneamente, abilitato dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, a sostituire, in quanto vicario, il segretario dell’ente. Dovrebbe essere chiaro – ma evidentemente non è così – che l’onnicomprensività riguarda l’espletamento delle funzioni e delle mansioni di funzionario o dirigente, non certo lo svolgimento delle funzioni di sostituto del segretario.

Infatti, il sostituto, in applicazione del ben noto istituto appunto della sostituzione, si insedia nell’ufficio del sostituito e ne svolge le funzioni e le competenze, in quanto temporaneamente abilitato alla carica del sostituito stesso. In altre parole, il vice segretario, roga i contratti nell’interesse dell’ente, quando il titolare è assente o impedito o la seda sia vacante, non nella veste di funzionario o dirigente dei settori amministrativi; cambia “giacca”, e lavora come vero e proprio segretario. Partecipa, temporaneamente, per il meccanismo legislativamente ammesso, della sostotizione, in pieno allo status del segretario. Sicchè, l’erogazione dei diritti di rogito per questa parte apparirebbe pinamente legittima. Anche in mancanza di un contratto collettivo, perché basterebbe l’applicazione del contratto dei segretari comunali, come si faceva in tempi andati, antecedenti al 1997, che si reputano spesso più arcaici, ma forse non estranei a dosi maggiori di civiltà giuridica.

Non si riesce, per la verità a capire, nel concreto, se non appoggiandosi al formalismo spinto, dove possa risiedere il danno.

Infatti, l’interpretazione restrittiva:

1) o invita a trasfigurare il principio di onnicomprensività nella pretesa della gratuità anche di prestazioni rese da una stessa persona fisica, ma che ricopre un ruolo diverso a quella al quale si deve applicare il detto principio (l’articolo 36 della Costituzione non appare del tutto rispettato, in questo caso);

2) oppure induce il comune a non avvalersi del vice segretario per la sostituzione del segretario. Ma, in questo caso, il comune spenderebbe certamente di più! Infatti, non solo la compartecipazione ai diritti di rogito per un segretario incaricato risulterebbe più elevata, ma il comune dovrebbe anche, doverosamente, accollarsi gli oneri per il pagamento della maggiorazione del segretario, se a scavalco, o dello stipendio, se inviato dall’Agenzia, rinunciando del tutto ai benefici che, invece, risiedono dietro all’utilizzo del vicario.

Nei comuni presso i quali tali ispezioni stanno portando agli effetti un po’ illogici (un tempo, l’applicazione delle leggi con conseguenze illogiche o di sviamento rispetto agli effetti previsti dal legislatore determinava vizio di eccesso di potere…) descritti, gli organi di controllo richiamano un’altra tesi a supporto: quella secondo la quale il vicario che sostituisce il segretario vacante assente o impedito, sempre in omaggio all’onnicomprensività, potrebbe trovare la remunerazione per l’attività rogante in una maggiorazione della retribuzione di posizione o di risultato.

Questa idea, se possibile, conferma proprio l’insostenibilità ulteriore della tesi dell’illegittima percezione dei diritti di rogito.

Infatti, incorre nel grave errore di considerare l’attività rogante come connessa alle ordinarie mansioni, oppure al risultato, dei vice segretari. Ma, le retribuzioni di posizione e risultato remunerano lo svolgimento delle loro mansioni quali dirigenti dei servizi amministrativi a quali sono preposti, e solo quelli! Il rogito dei contratti non ha alcuna connessione con quelle funzioni, essendo, invece, legato esclusivamente al “vestire la giacca del segretario” e, dunque, allo svolgimento dell’attività di segretario, al verificarsi dei presupposti che fanno attivare la sostituzione.

Sarebbe, dunque, illegittima proprio la maggiorazione della retribuzione di posizione e di risultato, perché mancherebbe del tutto il collegamento con le mansioni che tale retribuzione può tassativamente compensare.

Ovviamente, per gli enti locali coinvolti nelle ispezioni, così come per gli ispettori, appare doveroso applicare l’interpretazione verticistica e restrittiva, che vede nella percezione dei diritti di rogito dei vice segretari in assenza del contratto un “danno”. Allo scopo anche meramente tuzioristico di evitare un coinvolgimento ulteriore.

Ciò che appare urgente, anche perché non sono certamente i diritti di rogito percetti dai vice segretari la causa di maggiore allarme nella gestione delle finanze pubbliche, è una revisione serena ed urgente, ma immancabile, delle prese di posizione del Ministero delle finanze e dell’Aran, lesive anche dei segretari comunali. Anche perché, agire per responsabilità sulla sola base di un’interpretazione, per altro labile, magari tanto quella contraria, ma comunque non ancorata a saldi elementi, appare un improprio modo di rimettere, come troppo spesso avviene, alla magistratura il compito di dirimere questioni e riempire vuoti normativi, talvolta involontariamente creati proprio dalle interpretazioni che delle norme si danno.


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