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LUCIO CARLO MEALE
(Avvocato)
Incoerenze del sistema sanzionatorio disciplinare dei segretari comunali e provinciali, anche alla luce della legge 27 marzo 2001 n. 97.
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Ha spesso comportato, in passato, grosse difficoltà l’individuazione e la concreta applicazione del regime sanzionatorio disciplinare dei segretari comunali e provinciali.
Difficoltà ascrivibili da un lato alla particolarità del rapporto di lavoro di tali pubblici dipendenti che, pur instaurandosi con lo Stato, si svolgeva essenzialmente alle dipendenze delle amministrazioni locali, dall’altro alla circostanza che alla suddivisione, interna alla categoria, in funzionari e dirigenti , era spesso ricollegabile un autonomo e distinto ambito di riferimento contrattuale e/o normativo. (1)
Le connesse problematiche non si sono certo chiarite con l’introduzione nel nostro ordinamento della privatizzazione del rapporto di impiego alle dipendenze di una pubblica amministrazione, attuata con il decreto legislativo n. 29/93, e nell’ambito della quale sono stati ricompresi anche i segretari comunali e provinciale, in quanto non furono accolte in quella occasione le istanze di quella parte della categoria che mirava all’inserimento tra le cosiddette "categorie escluse" dalla privatizzazione medesima ( magistrati – personale della carriera prefettizia – ecc.). (2)
Com’è noto, il decreto n. 29/93, profondamente innovando rispetto al sistema previgente, introduceva il principio della contrattualizzazione del sistema disciplinare dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni: i contratti collettivi, ai sensi dell’art. 59 dello stesso decreto, avrebbero in via esclusiva, e in sostituzione della normativa statale sin ad allora applicabile, integralmente disciplinato la tipologia delle infrazioni disciplinari e delle correlate sanzioni.
L’inserimento nei contratti collettivi di lavoro delle norme disciplinari era solo in parte un portato della mutata fisionomia del rapporto di lavoro conseguente alla riforma del 1993, ben potendo essere riconducibile sia alla opinione, da più parti sostenuta, circa l’inadeguatezza del "vecchio" Testo unico 10 gennaio 1957 n. 3 a regolamentare compiutamente la materia, sia anche alle mutate politiche legislative conseguenti da ultimo ad alcuni interventi del Giudice delle leggi.
Occorre infatti ricordare che sul DPR n. 3/1957 si erano a più riprese appuntate le censure della Corte Costituzionale , in particolare ( ma non solo) con la sentenza 14 ottobre 1988 n. 971 (3), con la quale erano stati espunti dall’ordinamento sia la destituzione di diritto (cioè senza procedimento disciplinare) del pubblico dipendente a seguito di condanna penale irrevocabile sia la sua sospensione cautelare "sine die".
Negli anni successivi si venne a delineare e quasi a consolidare una situazione di evidente disparità nell’ambito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sottoposti alla disciplina del decreto n. 29/93 e cioè con rapporto di lavoro privatizzato.
Mentre infatti i contratti collettivi nazionali dei vari comparti della pubblica amministrazione elaboravano e sperimentavano nuovi ed autonomi sistemi di infrazioni e di sanzioni disciplinari, per i segretari comunali e provinciali , destinatari per lo più di mere "appendici contrattuali", non furono mai emanate disposizioni che regolamentassero in una qualche maniera la materia .
Con conseguenti incertezze applicative, anche se il naturale punto di riferimento non poteva che risiedere nel collaudato impianto disciplinare previsto dal regolamento del 1957.
La situazione sembrò finalmente poter mutare quando, all’indomani della riforma dello "status" della categoria avviata con la legge n. 127/97 , venne emanato il regolamento di attuazione 4 dicembre 1997, n. 465, il cui articolo 17 espressamente rinviava alla contrattazione collettiva la regolamentazione del procedimento e delle sanzioni disciplinari.
Di recente, in data 16 maggio 2001, dopo lungo e travagliato iter, ha visto la luce il primo contratto collettivo dei segretari comunali e provinciali. (4)
Purtroppo, tra i 58 articoli di cui si compone il contratto per il quadriennio giuridico 1998/2001, non è dato poterne riscontrare alcuno che faccia riferimento alla disciplina del procedimento disciplinare e alle correlate sanzioni : una svista non di poco conto, sia in esito all’importanza della materia che alla luce della preesistente incertezza del quadro normativo di riferimento.
E’ in questo ambito poco rassicurante che si colloca la recente deliberazione n. 161 del 25 maggio 2001 del Consiglio d’Amministrazione Nazionale dell’Agenzia Autonoma per la gestione dell’Albo dei Segretari comunali e provinciali (5), avente ad oggetto"criteri e procedura per l’irrogazione di sanzioni disciplinari".
Deliberazione che, lungi dall’apportare chiarezza alla materia, ne rende i contorni ancora più evanescenti, innescando seri dubbi sulla legittimità oltre che sulla opportunità del sistema che si è inteso sommariamente e frettolosamente delineare senza tenere conto delle intervenute disposizioni della legge 27 marzo 2001, n. 97
Si osserva in primo luogo come appare più che dubbia la competenza dell’Agenzia Nazionale a deliberare su una materia che dapprima l’art. 59 del decreto legislativo n. 29/93 e adesso l’art. 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 assegnano inequivocabilmente alle parti contrattuali.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia , evidentemente nella consapevolezza di non essere nell’occasione parte contrattuale, ha cercato di rinvenire altrove la propria legittimazione a disciplinare le infrazioni e le sanzioni disciplinari da irrogare ai segretari comunali e provinciali, credendo di individuarla, per la precisione, nell’art. 6 - primo comma - lettera g) del citato DPR n. 465/1997, che viene a tal proposito richiamato nelle premesse dell’atto deliberativo.
Peraltro, non può non farsi rilevare che l’art. 6 - primo comma - lettera g) del DPR 465/97 si limita a riconoscere al Consiglio d’Amministrazione Nazionale la facoltà nomina del collegio arbitrale di disciplina e la potestà di irrogare le sanzioni disciplinari a conclusione dei relativi procedimenti : funzioni importanti ma che non hanno niente a che vedere, com’è di tutta evidenza, con la potestà di regolamentazione del procedimento disciplinare e delle connesse sanzioni, che è rimessa, si ribadisce, all’esclusivo accordo delle parti.
Se, da un certo punto di vista, l’intento dell’Agenzia Autonoma Segretari , nella misura in cui mirava a colmare una evidente e grave lacuna del CCNL dei segretari comunali e provinciali, può essere considerato lodevole , le sue modalità di attuazione lasciano fortemente perplessi in quanto il Consiglio di Amministrazione si è unilateralmente attribuita una competenza che il diritto positivo rimette in via esclusiva alle rappresentanze sindacali e all’ARAN.
Ma i motivi di perplessità sulla decisione non attengono solo al momento della individuazione della fonte giuridica attributiva di competenza, estendendosi anche al "merito" cioè all’opportunità concreta di quanto è stato deliberato.
Infatti, con la menzionata deliberazione n. 161/2001 il Consiglio d’Amministrazione, ha determinato (punto 3 del dispositivo):
- di applicare in materia di procedimento disciplinare, sotto il profilo procedurale, le disposizioni di cui all’art. 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
- di applicare in materia di procedimento disciplinare, sotto il profilo sostanziale, le sanzioni disciplinari previste dagli articoli 78 e seguenti del DPR 10 gennaio 1957 n. 3.
Con la deliberazione n. 161/2001 vengono così riesumate, e ancora una volta assurgono al rango di necessario e imprescindibile punto di riferimento , sanzioni disciplinari risalenti a circa mezzo secolo fa, da più parti ritenute ormai inadeguate alla mutata natura giuridica del rapporto di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione.
Sarebbe stato più opportuno che l’Agenzia Nazionale, non limitandosi a riprodurre pedissequamente
l’art. 17 - comma quarto - ultimo periodo – del DPR 465/97, avesse nell’occasione elaborato, anche tenendo conto delle esperienze maturate negli anni precedenti nelle contrattazioni di altre categorie di dipendenti pubblici, in maniera autonoma ed originale, ipotesi di infrazioni e di sanzioni disciplinari più consone al nuovo ruolo del segretario comunale e provinciale, in sintonia con le precise peculiarità, recentemente introdotte, del relativo rapporto di servizio, tra le quali in primo luogo la fiduciarietà e la precarietà dell’incarico conseguenti al provvedimento di nomina da parte del sindaco.
Il rinvio alle sanzioni disciplinari del Testo Unico del 1957 appare ancora più inopportuno ove si consideri che, in data antecedente all’adozione dell’atto deliberativo da parte del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Nazionale è stata prima promulgata e poi pubblicata(G.U. 5 aprile 2001, n. 80) la legge 27 marzo 2001 n. 97, recante "Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". (6)
Si tratta di una legge fondamentale, profondamente innovativa , da mettere in relazione con l’adozione di una mutata politica legislativa ispirata alla necessità di intervenire adeguatamente per la moralizzazione della pubblica amministrazione e caratterizzata da un maggior rigore nei confronti dei pubblici dipendenti che siano stati riconosciuti colpevoli di reati .
La legge n. 97/2001 riduce drasticamente la portata e gli effetti del principio di contrattualizzazione delle infrazioni e delle sanzioni disciplinari dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, disponendo all’art. 8:
- Le disposizioni della presente legge prevalgono sulle disposizioni di natura contrattuale regolanti la materia.
- I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dopo la data di entrata in vigore della presente legge non possono, in alcun caso, derogare alle disposizioni della presente legge.
Alla luce del riportato articolo , si palesa del tutto inconferente il rinvio operato dalla deliberazione n. 161/2001 dell’Agenzia Nazionale Segretari agli articoli 77 e seguenti del DPR 10 gennaio 1957 n. 3, i quali non sono evidentemente applicabili ove contrastanti con la legge n. 97/2001, le cui disposizioni sono da considerarsi prevalenti in materia di procedimento disciplinare.
Anche perché la riforma legislativa sul procedimento disciplinare sembra porre particolari problematiche di coordinamento interpretativo proprio in relazione ad alcune disposizioni del T.U. del 1957 che, pur fatte segno di censure di costituzionalità, devono ora essere valutate nell’ottica delle nuove norme. (7)
La legge n. 97/2001 ha reintrodotto nel nostro ordinamento il principio della risoluzione automatica del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, prevedendo la pena accessoria della estinzione del rapporto di impiego o di lavoro, pena che consegue automaticamente alla condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per uno dei delitti espressamente indicati all’art. 5 - comma secondo -.
Il quarto comma dello stesso articolo 5 prevede che l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata , al di fuori dei casi in cui si applica automaticamente, anche a seguito di procedimento disciplinare.
Novità di assoluto rilievo vengono introdotte anche dai primi due articoli della legge n. 97/2001, i quali apportano modifiche, rispettivamente , agli articoli 653 e 445 del codice di procedura penale.
L’esame combinato dei due articoli, la soppressione nel comma 1 dell’art 653 c.p.p. delle parole "pronunciata in seguito a dibattimento", la esplicita dichiarazione di efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di condanna nel giudizio per responsabilità disciplinari, la modifica all’art. 445 del codice di procedura penale, inducono l’interprete a ritenere che l’intenzione del legislatore sia stata quella di attribuire efficacia di giudicato nei procedimenti disciplinari alle sentenze di condanna irrevocabili, comprendendo tra queste ultime anche le sentenze di patteggiamento ex art. 444 c.p.p.
L’ efficacia della sentenza penale di condanna, già riconosciuta dall’art. 651 del codice di procedura penale nel giudizio civile e nel giudizio amministrativo di danno, viene pertanto estesa al procedimento disciplinare, con una previsione che comprende anche l’ipotesi di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, vale a dire il patteggiamento.
E’ stata così codificata la soluzione accolta dalla giurisprudenza prevalente che qualificava la sentenza di patteggiamento come sentenza di condanna "tout court", con un effetto sul rapporto di pubblico impiego pari a quello della condanna pronunciata a seguito di dibattimento. (8)
Deve stimarsi pertanto definitivamente superato quell’orientamento giurisprudenziale che, argomentando in base al principio di assoluta autonomia del giudizio disciplinare, finiva per non riconoscere efficacia in ambito disciplinare alle sentenze di patteggiamento. (9)
Proprio perché alla sentenza di patteggiamento viene attribuita efficacia di giudicato nel procedimento disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso , si delinea, a seguito della riforma, un obbligo, in capo ai competenti uffici della amministrazione pubblica alla quale sia stata comunicata l’adozione di una sentenza di patteggiamento a carico di un suo dipendente , di dare avvio al procedimento disciplinare, per non incorrere in comportamenti omissivi.
Alla luce dell’assunto appena sopra evidenziato, si può valutare come non pertinente anche il rinvio operato dalla deliberazione n. 161/2001 dell’Agenzia Autonoma Segretari, sotto il profilo procedurale, all’art. 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.
Infatti detto articolo, pur contenendo alcuni spunti procedurali, costituisce una norma di principio, destinata ad essere completata dalla disciplina di dettaglio contenuta nella contrattazione collettiva e da sola non è sufficiente a delineare compiutamente un procedimento disciplinare : non indica, ad esempio, alcun termine per l’instaurazione o la conclusione del giudizio disciplinare. (10)
In conclusione, per i segretari comunali e provinciali sembra non ulteriormente differibile, alla luce delle considerazioni sopra svolte e a mente degli intervenuti principi della legge 27 marzo 2001, n. 97, l’elaborazione contrattuale di nuovi criteri di regolamentazione delle ipotesi di infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni .
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(1) Solo a seguito della sottoscrizione definitiva, in data 16 maggio 2001, del primo CCNL è possibile correttamente sostenere che l’ordinamento disciplini unitariamente lo "status" giuridico dei segretari comunali e provinciali.
(2) L'elencazione completa delle categorie di dipendenti delle pubbliche amministrazioni sottoposti al regime di diritto pubblico è data ora dall’art. 3 del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165.
(3) Il testo integrale della sentenza è pubblicato in Consiglio di Stato 1988, II, pag. 1779.
(4) E' possibile consultare il testo ufficiale del contratto al sito www.aranagenzia.it contratti collettivi nazionali - area di contrattazione "Regioni ed enti locali".
(5) La deliberazione è alla URL www.agenziasegretari.it/deliberazioni/del2001/del161-2001.htm
(6) La legge, in vigore dal 6 aprile 2001, ha avuto un lungo iter parlamentare subendo numerose modifiche.
Alla fine è stata approvata a larga maggioranza ed è stata ritenuta, come risulta dai lavori preparatori, un valido provvedimento anti-corruzione.
(7) Ci si chiede se le censure di costituzionalità cui è stato sottoposto l’art. 85 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 per violazione della necessaria gradualità sanzionatoria possano essere riproposte per alcuni articoli della legge n. 97/2001. Il rinvio operato dall’Agenzia Segretari all’art. 85 per la regolamentazione della materia disciplinare è in ogni caso, alla luce del delineato assetto normativo, poco opportuno.
(8) In tal senso si sono ripetutamente espressi nell’ultimo periodo sia la Corte di Cassazione che il Consiglio di Stato. Per tutti, Consiglio di Stato, VI Sezione, n. 1803/2000.
(9) Nel senso che la sentenza di patteggiamento non può essere equiparata a condanna e non fa stato , sotto nessun profilo, nel procedimento disciplinare e che dalla scelta del patteggiamento non può desumersi un implicito riconoscimento di responsabilità si era di recente espresso il T.A.R. Veneto - prima sezione - con sentenza n. 311 del 14 febbraio 2001
(10) In attesa della disciplina contrattuale, ove non vi siano i presupposti per l’applicazione dell’art. 5 della legge 27 marzo 2001 n. 97, si dovranno applicare i termini indicati nel Testo Unico dei dipendenti civili dello Stato.