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n. 4/2008 - © copyright

PAOLO JORI
(Avvocato - Regione Lazio)

Lo spoil system nello Stato e nelle regioni
secondo i principi formulati dalla giurisprudenza costituzionale

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Sommario: 1. Lo spoil system: natura e limiti di applicazione nel nostro ordinamento. – 2. Principi formulati dalla Corte Costituzionale in materia di spoil system: la sentenza n. 233 del 2006. – 3. La sentenza n. 103 del 2007. – 4. La sentenza n. 104 del 2007. – 5. I ricorsi in materia di spoil system: profili processuali. – 6. La legittimità costituzionale della normativa statale e regionale in materia di spoil system: giudizi pendenti.

 

1. Lo spoil system: natura e limiti di applicazione nel nostro ordinamento.

Lo spoil system è un istituto di derivazione anglosassone che prevede la sostituzione automatica dei soggetti titolari degli organi amministrativi in occasione del mutamento della maggioranza politica negli organi di indirizzo; nel nostro ordinamento può trovare attuazione solo in virtù di una specifica disposizione di legge che disciplini le condizioni e le modalità di esercizio dell’istituto [1].

Peraltro, l’attuazione dello spoil system nello Stato e nelle regioni, costituisce un operazione delicata: infatti, la decadenza automatica degli incarichi dirigenziali ha alimentato un ampio contenzioso; inoltre, in diversi casi, i giudici di merito hanno ritenuto necessario sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme, statali o regionali, che disciplinano lo spoil system, giudicando rilevante e non manifestamente infondato il contrasto della legge con la Costituzione.

La Consulta è già intervenuta sul tema, con le sentenze nn. 233 del 2006, 103 del 2007 e 104 del 2007, evidenziando, chiaramente, i limiti e le condizioni di applicabilità dello spoil system nello Stato e nelle regioni; tuttavia, le nuove norme in materia di spoil system continuano a sollevare perplessità giuridiche, sia in dottrina che nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, considerato che i giudici di merito continuano a sollevare questioni di legittimità costituzionale innanzi alla Corte.

                Per risolvere tali problematiche è necessario indagare a fondo sulla natura dello spoil system e sul ruolo che tale strumento può avere nell’ordinamento giuridico vigente, assumendo come fondamento gli orientamenti già formulati dalla Consulta.

                Per la Costituzione vigente, il rapporto di impiego pubblico si fonda sul criterio meritocratico: la valutazione del merito, si accorda, naturalmente, con il principio di uguaglianza sostanziale previsto dall’articolo 3 secondo comma della Costituzione e con le altre norme costituzionali che impongono l’osservanza dei principi di legalità ed imparzialità dell’azione amministrativa.

                Il criterio meritocratico per l’accesso agli impieghi pubblici non può, pertanto, essere disatteso dalla potestà legislativa statale e regionale, poiché costituisce la scelta di campo effettuata dal Costituente nell’articolo 97 terzo comma della Costituzione, su cui si fondano l’indipendenza e il buon andamento della pubblica amministrazione.

                Lo spoil system ha, dunque, carattere eccezionale, in quanto le norme che prevedono la decadenza automatica ex lege degli incarichi dirigenziali non si fondano sul principio meritocratico

                Si pone, quindi, un problema di compatibilità dello spoil system con il nostro ordinamento ed in particolare con le norme che, in aderenza a tale principio, subordinano la titolarità degli incarichi dirigenziali ad una valutazione concernente le qualità personali e professionali dei dirigenti, da effettuarsi mediante la comparazione delle competenze possedute e dei risultati raggiunti, con gli obiettivi che si intendono assegnare.

                E’ necessario, altresì, indagare se lo spoil system sia compatibile con il principio di imparzialità dell’azione amministrativa, che postula l’indipendenza degli organi responsabili della gestione amministrativa; con il principio di continuità dell’azione amministrativa, il quale costituisce un presupposto per garantire il buon andamento degli uffici pubblici; e con la separazione tra responsabilità di indirizzo politico e responsabilità di gestione, che caratterizza il vigente ordinamento amministrativo.

                Ad una prima lettura appare evidente che la decadenza automatica degli incarichi dirigenziali non solo non si fonda sul principio meritocratico, ma viola il principio di continuità amministrativa ed il principio di giusto procedimento; in particolare il giusto procedimento è finalizzato a garantire l’indipendenza dei dirigenti e imparzialità dell’azione amministrativa e si realizza nel compimento del procedimento previsto dalla legge e dai contratti collettivi nelle ipotesi di cessazione anticipata degli incarichi dirigenziali.

                In aderenza a questo principio, la cessazione anticipata dall’incarico dirigenziale non può prescindere dalla valutazione oggettiva delle prestazioni realizzate e dei risultati raggiunti, la quale si realizza, anche, consentendo al dirigente di intervenire, in funzione dialettica con l’amministrazione , nel relativo procedimento.

                In Italia lo spoil system può trovare applicazione solo in via eccezionale, in quanto deroga al principi costituzionali che connotano, in via generale, il pubblico impiego.

                Tale eccezionalità non si traduce, tuttavia, in un incompatibilità assoluta dell’istituto con l’ordinamento giuridico vigente [2].

                Come è stato correttamente osservato, lo spoil system garantisce la coesione degli organi amministrativi con gli organi politici, la quale si rivela indispensabile negli ordinamenti che si fondano sulla separazione funzionale tra attività di indirizzo politico ed azione amministrativa [3].

                Lo spoil system costituisce, quindi, uno strumento che concorre alla realizzazione del buon andamento dell’azione amministrativa.

Il carattere eccezionale dello spoil system nel nostro ordinamento funge da guida e da limite per la sua applicazione: esso è destinato ad operare solo per gli incarichi dirigenziali apicali, i quali sfuggono alla ripartizione tra attività d’indirizzo politico propria degli organi di governo e attività amministrativa e gestionale di competenza dei dirigenti; gli incarichi apicali svolgono, infatti, un azione di trait d’union tra la responsabilità politica e quella amministrativa, la quale si sostanzia nell’attività di coordinamento tra le due diverse funzioni.

                Ciò appare evidente, se si considera che compito primario del dirigente apicale è quello di rendere coerente l’indirizzo politico emanato dagli organi di governo, con l’azione amministrativa che deve svolgersi con l’osservanza dei vincoli normativi ed istituzionali previsti dall’ordinamento.

Tale funzione viene svolta mediante la partecipazione propositiva del dirigente apicale, alle attività d’indirizzo politico con l’elaborazione delle proposte degli obiettivi strategici; e attraverso il coordinamento delle attività amministrative, che si realizza con la negoziazione e l’assegnazione degli obiettivi ai dirigenti e mediante il controllo ultimo dell’attività amministrativa che si sostanzia nella titolarità dei ricorsi gerarchici e nell’esercizio del potere sostitutivo dei dirigenti nei casi di inerzia [4].

Proprio in virtù della loro natura mista, politico – amministrativa, gli incarichi apicali costituiscono atti di alta amministrazione che possono essere motivati in virtù del rapporto fiduciario con l’organo politico; il carattere fiduciario sottrae gli incarichi apicali agli ordinari procedimenti di valutazione degli altri dirigenti, rendendoli così soggetti alle norme in materia di spoil system.

La diversa qualità ontologica di un incarico dirigenziale apicale rispetto agli altri incarichi dirigenziali, impone che vi sia una sostanziale differenziazione tra le rispettive competenze: le attività dei direttori di dipartimento e dei segretari generali, che rivestono carattere apicale, devono essere distinte da quelle attribuite agli altri dirigenti preposti alle direzione generali, alle aree o ai singoli uffici e servizi [5].

I compiti tipici di un dirigente apicale concernono il raccordo tra la funzione politica e la funzione amministrativa: l’organo apicale partecipa all’attività di indirizzo politico formulando proposte e pareri agli organi di governo, ai fini della pianificazione degli obiettivi strategici; coordina le strutture amministrative e cura l’attuazione dei piani, dei programmi e delle direttive generali definite dagli organi di governo, al fine di assicurare la conformità della gestione amministrativa all’indirizzo politico; assegna ai dirigenti subordinati gli incarichi e le relative responsabilità di specifici progetti e gestioni e definisce gli obiettivi che essi devono perseguire attribuendo le relative risorse umane finanziarie e materiali; cura la gestione del cambiamento organizzativo, l’auditing interno ed il controllo di qualità; dirige, coordina e controlla l’attività dei dirigenti sotto ordinati, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propone l’adozione, nei confronti degli stessi, delle misure di responsabilità dirigenziale; richiede direttamente pareri agli organi esterni all’amministrazione; svolge le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro; decide sui ricorsi gerarchici contro i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti sott’ordinati [6].

                La distinzione delle competenze e delle responsabilità dei dirigenti ha un importanza primaria per l’attuazione dello spoil system: secondo la Corte Costituzionale, lo spoil system può essere legittimamente previsto per i dirigenti apicali, ma non per gli altri dirigenti, al fine di non violare la continuità dell’azione amministrativa che costituisce un presupposto del buon andamento della P.A.; conseguentemente, l’esercizio della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno deve essere attribuito, in via generale, ai dirigenti non apicali; per la stessa ragione, i provvedimenti emanati dal direttore apicale, d’intesa con gli altri dirigenti, non possono avere carattere generale, ma devono essere tassativamente indicati dalle leggi o dai regolamenti della pubblica amministrazione.

 Tale distinzione è fondamentale, sia ai fini della semplificazione dell’azione amministrativa, sia per garantire l’effettività del principio di responsabilità; è quindi, necessario, evitare l’esasperata parcellizzazione delle competenze, la quale finisce per svilire il concetto stesso di responsabilità, creando così le condizioni per la proliferazione dei provvedimenti illegittimi [7].

2. Principi formulati dalla Corte Costituzionale in materia di spoil system: la sentenza n. 233 del 2006.

Le sentenze della Corte Costituzionale, quando enunciano principi di carattere generale, costituiscono le linee guida per l’attività del legislatore statale e regionale il quale, nell’esercizio dell’attività legislativa, non può esimersi dalla verifica preventiva della legittimità costituzionale delle nuove norme [8].

In materia di spoil system, le recenti pronunce della Corte Costituzionale costituiscono sentenze monito in quanto attraverso esse la Consulta definisce le condizioni di legittimità dell’istituto, la cui disciplina rimane riservata al legislatore ordinario.

Come ogni organo giurisdizionale la Corte Costituzionale giudica nei limiti del ricorso proposto [9]; l’ordinanza di remissione del giudice incidentale rappresenta, dunque, il sentiero che delimita la pronuncia giurisdizionale della Consulta.

                Non deve sorprendere, pertanto, che la Corte possa discostarsi da precedenti pronunce relative a fattispecie analoghe, per ragioni che sono insite nel contenuto dell’ordinanza di remissione. [10]

                Con la sentenza n. 233 del 2006 la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 14, comma 3, della legge della Regione Calabria n. 13 del 2005, nella parte in cui estendeva lo spoil system ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e dei distretti sanitari territoriali: la Corte ha osservato che la decadenza dalla carica di direttore generale della ASL non può produrre l’effetto dell’automatica decadenza dall’ufficio di responsabile dei dipartimenti sanitari e amministrativi e dei distretti sanitari territoriali: in caso contrario, la decadenza dalla carica di direttore generale della ASL determinerebbe l’azzeramento automatico dell’intera dirigenza, pregiudicando in tal modo il buon andamento dell’amministrazione che è previsto dall’articolo 97 della Costituzione.

                Secondo la Corte, le norme regionali che disciplinano gli effetti della nomina di un nuovo direttore generale delle aziende ospedaliere o sanitarie locali sugli incarichi di direttore sanitario e amministrativo, non regolano un rapporto fondato sull’intuitus personae tra l’organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve; tali norme concernono l’organizzazione della struttura amministrativa regionale in materia sanitaria e mirano a garantire, all’interno di essa, la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore generale e i direttori amministrativi e sanitari delle stesse aziende da lui nominati; pertanto tali norme tendono ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione. [11]

Con la sentenza n. 233 del 2006 la Corte ha anche dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 della medesima legge regionale, nella parte in cui disciplinava il procedimento di nomina del direttore generale di un azienda ospedaliero-universitaria: per la Consulta, la Regione non può disciplinare unilateralmente il procedimento di nomina di un direttore generale di un azienda ospedaliero universitaria che, in base alle leggi vigenti, viene nominato dall’ente Regione d’intesa con il Rettore dell’Università; in questo caso la normativa di riferimento deve essere ricondotta nell’ambito della competenza concorrente in materia di tutela della salute e deve pertanto rispettare i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. [12]

                L’importanza della sentenza in esame concerne i principi formulati dalla Corte, i quali assumono un carattere generale: in primo luogo, per la Consulta lo spoil system dei dirigenti regionali attiene alla materia dell’organizzazione amministrativa delle regioni e pertanto costituisce oggetto di competenza legislativa residuale; le regioni devono esercitare tale potestà legislativa nel rispetto dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento fissati dai rispettivi statuti, secondo quanto previsto dall’articolo 123 della Costituzione. [13]

                Conseguentemente, per la Corte, non sono fondate le eccezioni di incostituzionalità concernenti le differenze tra la normativa statale in materia di spoil system e le analoghe disposizioni regionali; e non sono neppure fondate le censure di illegittimità sotto il profilo della lesione della competenza esclusiva statale in tema di “ordinamento civile”, per la ricaduta della decadenza dall’incarico dirigenziale sul sottostante rapporto di lavoro di diritto privato.

Per la Corte, il fatto che la scadenza dell’incarico dirigenziale implichi, necessariamente, la cessazione dell’operatività del provvedimento che lo ha conferito, non comporta, quale ulteriore conseguenza, che la Regione disciplinando lo spoil system dei propri dirigenti invada la materia dell’ordinamento civile che è attribuita alla competenza esclusiva statale; in questi casi, la cessazione anticipata degli effetti del contratto dirigenziale dipende, unicamente dal venir meno dell’efficacia del provvedimento che costituisce il presupposto del contratto stesso [14].

La norma che disciplina lo spoil system per gli organi di vertice delle aziende sanitarie è, dunque, diretta a regolare l’organizzazione amministrativa delle aziende sanitarie locali e pertanto non può essere censurata sotto il profilo della illecita invadenza delle materie relative all’ordinamento civile o alla tutela della salute. [15]

                In secondo luogo, per la Corte, le nomine, effettuate dagli organi rappresentativi della Regione, degli organi di vertice degli enti regionali e dei rappresentanti regionali nei consigli di amministrazione degli enti dell’ordinamento regionale, sono tutte caratterizzate dall’intuitus personae, nel senso che si fondano su valutazioni personali coerenti all’indirizzo politico regionale; per questi incarichi, la previsione di un meccanismo di valutazione tecnica della professionalità e competenza dei soggetti nominati, non si configura come misura costituzionalmente vincolata; essa, osserva la Consulta, nemmeno si addice alla natura personale del rapporto sotteso alla nomina; infatti, trattandosi di nomine conferite intuitu personae dagli organi politici della Regione, la regola per cui esse cessano all’atto dell’insediamento dei nuovi organi politici mira a consentire a questi ultimi la possibilità di rinnovarle, scegliendo, su base eminentemente fiduciaria, soggetti idonei a garantire proprio l’efficienza e il buon andamento dell’azione della nuova Giunta, per evitare che essa risulti condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura precedente.

                In terzo luogo, le leggi regionali che attribuiscono all’organo politico della Regione il potere di conferire gli incarichi dirigenziali apicali a soggetti individuati intuitu personae, scelti anche, entro determinati limiti percentuali, al di fuori dell’apparato amministrativo regionale, tendono a rafforzare la coesione tra l’organo politico regionale e gli organi di vertice dell’apparato burocratico e dunque a consentire il buon andamento dell’attività di direzione dell’ente.

3. La sentenza n. 103 del 2007

Con la sentenza n. 103 del 2007, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo. 3, comma 7, della legge dello Stato 15 luglio 2002, n. 145 concernente “Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato”, nella parte in cui disponeva che gli incarichi dirigenziali di livello generale cessavano “il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attività di ordinaria amministrazione”.

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, considerando che essa prevedeva un ipotesi eccezionale di spoil system che comportava la cessazione automatica, ex lege, e generalizzata dei dirigenti generali alla scadenza del termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge; secondo i giudici costituzionali questa disposizione violava il principio di continuità dell’azione amministrativa, il quale è strettamente correlato al buon andamento della pubblica amministrazione, poiché determinava, in assenza di garanzie procedimentali, una interruzione automatica del rapporto di ufficio prima della scadenza del termine stabilito.

La scadenza anticipata e automatica dell’incarico impediva lo svolgimento della valutazione dell’efficacia e dell’efficienza della gestione; questa valutazione, per i giudici costituzionali, non può prescindere dall’adeguatezza del termine che con l’assegnazione dell’ufficio viene determinato come necessario per conseguire i risultati attesi, rispetto agli obiettivi assegnati. [16]

Per la Corte Costituzionale, l’attuale assetto della dirigenza pubblica pone in relazione il buon andamento della pubblica amministrazione con l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa: il buon andamento tuttavia, non può prescindere dall’imparzialità della pubblica amministrazione e dei suoi organi, che è alla base della distinzione tra attività politica, espressione delle forze di maggioranza, ed attività amministrativa, la quale è chiamata ad attuare l’indirizzo politico in modo imparziale, dovendo perseguire le finalità pubbliche di volta in volta individuate al servizio esclusivo della nazione.

Secondo la Consulta, l’imparzialità non preclude alla P.A di perseguire i propri interessi “particolari”; essa si sostanzia nella parità di trattamento con cui devono essere regolate le fattispecie analoghe.

L’imparzialità costituisce, pertanto, un elemento costituivo ed indefettibile del buon andamento, essendo la pubblica amministrazione costituzionalmente vincolata a perseguire le proprie finalità in modo imparziale, al fine di essere percepita al servizio dell’interesse pubblico e di contribuire alla certezza dei rapporti giuridici. [17]

La Consulta ha osservato che nell’ordinamento vigente, la cessazione dall’incarico dei dirigenti non apicali può essere ammessa nei soli casi di accertata responsabilità dirigenziale, la quale può essere dichiarata, nei casi previsti dalla legge, solo mediante il compimento del procedimento tipico che funge da presupposto indefettibile.

Tale procedimento è puntualmente disciplinato dalla legge e contempla la presenza di un confronto dialettico tra le parti, nell’ambito del quale, da un lato, l’amministrazione è tenuta ad esternare le ragioni, connesse alle modalità di svolgimento del rapporto, per le quali ritenga di non consentirne la prosecuzione dell’incarico sino alla scadenza contrattualmente prevista; dall’altro, al dirigente deve essere assicurata la possibilità di far valere il proprio diritto di difesa; ciò anche al fine di osservare il rispetto del principio generale del giusto procedimento in esito al quale potrà essere adottato un provvedimento motivato di cessazione anticipata dall’incarico, che, per sua natura, è soggetto all’eventuale controllo giurisdizionale.

Secondo la Corte Costituzionale, la privatizzazione della dirigenza pubblica non implica che la pubblica amministrazione abbia la possibilità di recedere liberamente dal contratto stipulato con il dirigente; infatti, se così fosse, si verrebbe ad instaurare uno stretto legame fiduciario tra le parti, che non consentirebbe ai dirigenti generali di svolgere in modo autonomo e imparziale la propria attività.

Il rapporto di ufficio, anche se connotato dalla temporaneità dell’incarico deve sempre essere corredato da garanzie idonee ad assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione; ciò al fine di consentire che il dirigente generale possa sempre espletare la propria attività – nei limiti della durata predeterminata dell’incarico – in conformità ai principi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa. [18]

Queste garanzie devono sussistere sia nell’attività di valutazione dei risultati, sia nell’espletamento del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di revoca anticipata dell’incarico per responsabilità dirigenziale.

E’ necessario, in particolare, che la legge individui puntualmente le competenze e le responsabilità dei dirigenti, distinguendole dai compiti di pertinenza degli organi politici; inoltre, occorre che il dirigente abbia il tempo, le risorse e l’autonomia sufficienti per realizzare gli obiettivi assegnati e che possa essere sentito sia nel corso delle procedure di valutazione, sia nell’istruttoria del procedimento di revoca.

Poiché il legislatore ha impostato le relazioni tra organi di governo e dirigenza in senso funzionale, prevedendo che i primi indirizzino e controllino i risultati e che la seconda gestisca e amministri in modo da conseguire i risultati attesi, le fonti della responsabilità dirigenziale sono costituite dalle direttive impartite, dagli obiettivi assegnati e dai risultati ottenuti; pertanto la mancanza di direttive, come l’assenza di un idoneo meccanismo di valutazione, rendono di fatto inoperante le verifiche sull’attività dei dirigenti e conseguentemente privano di effettività la responsabilità dirigenziale. [19]

L’importanza della pronuncia in esame risiede, anche, nel fatto che in tale occasione, per la prima volta, la Consulta ha effettuato l’esame dell’istituto dello spoil system alla luce del processo di riforma del pubblico impiego; questo processo di riforma ha modificato lo status giuridico dei dipendenti pubblici ed in particolare dei dirigenti, realizzando la privatizzazione del rapporto di lavoro, ed ha delineato un nuovo modello di rapporti tra politica ed amministrazione.

La pregevole ricostruzione della riforma del pubblico impiego, effettuata dalla Corte nella sentenza in oggetto, prende le mosse dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 che autorizzava il Governo a stabilire con uno o più decreti, che i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti venissero ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e fossero regolati mediante contratti individuali e collettivi.

In attuazione della delega veniva emanato il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 che realizzava la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, superando, ad eccezione di alcuni settori, il tradizionale regime pubblicistico; essa prevedeva l’applicazione della disciplina giuslavoristica di diritto privato ritenuta più idonea alla realizzazione delle esigenze di flessibilità nella gestione del personale sottese alla riforma.

Questo processo investitiva anche il settore della dirigenza: il decreto legislativo. n. 29 del 1993, nella sua versione originaria, escludeva, però, espressamente, dalla contrattualizzazione del rapporto di impiego i dirigenti generali, stabilendo, così, una disciplina differenziata della dirigenza sulla base della diversità delle fonti di regolazione del rapporto.

In particolare, l’art. 21 del decreto legislativo n. 29 del 1993 prevedeva che i dirigenti generali dello Stato dovessero essere nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente; questa procedura si applicava a tutti incarichi di direzione degli uffici di ciascuna amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, di livello dirigenziale generale.

Ai dirigenti non generali, invece, l’incarico veniva conferito con decreto del Ministro, su proposta del dirigente generale competente.

L’articolo 19 comma 1 del decreto n. 29 del 1993 prevedeva che per la scelta della tipologia di incarico si dovesse tenere conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, nonché delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando di norma il criterio della rotazione degli incarichi.

Con riferimento al rapporto tra politica e amministrazione, la legge n. 421 del 1992 autorizzava il Governo a prevedere: la separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa; l’affidamento ai dirigenti – nell’ambito delle scelte di programma degli obiettivi e delle direttive fissate dall’organo politico – di autonomi poteri di direzione, di vigilanza e di controllo, compresa la gestione delle risorse finanziarie, umane e strumentali; ciò al fine di assicurare l’economicità, la speditezza e la rispondenza al pubblico interesse dell’attività degli uffici dipendenti.

In attuazione di tale delega, l’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993 prevedeva che ai dirigenti spettava la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnavano l’amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo.

La legge prevedeva, altresì, che gli atti di competenza dirigenziale non fossero soggetti ad avocazione da parte del Ministro, se non per particolari motivi di necessità ed urgenza, specificamente indicati nel provvedimento di avocazione.

Parallelamente, il Ministro, anche sulla base delle proposte dei dirigenti generali doveva, periodicamente e comunque ogni anno, entro sessanta giorni dall’approvazione del bilancio: a) definire gli obiettivi ed i programmi da attuare, indicare le priorità ed emanare le conseguenti direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione; b) assegnare, a ciascun ufficio di livello dirigenziale generale, una quota-parte del bilancio dell’amministrazione, commisurata alle risorse finanziarie, riferibili ai procedimenti attribuiti alla responsabilità dell’ufficio, e agli oneri per il personale e per le risorse strumentali allo stesso assegnati.

Le innovazioni legislative introdotte negli anni 1997–1998 da una parte completavano il processo di contrattualizzazione del rapporto di impiego dei dirigenti, modificando rilevanti aspetti della previgente disciplina, in relazione anche alle modalità di svolgimento degli incarichi dirigenziali; dall’altra accentuavano, sul piano funzionale, la distinzione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e compiti di gestione: le nuove norme prevedevano estendevano il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali delle amministrazioni pubbliche; e prevedevano che l’organo politico dovesse conformarsi al principio della separazione tra compiti e responsabilità di direzione politica e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni.

La riforma del 1998 disponeva, anche, l’accesso alla qualifica di dirigente esclusivamente a seguito di concorso per esami seguito dalla stipulazione del contratto di lavoro nonché l’iscrizione dei dirigenti nel ruolo unico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il quale era articolato in due fasce.

                Il decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dalla legge delega 15 marzo 1997 n. 59 e dai decreti legislativi attuativi n. 80 e n. 387 del 1998 contemplava tre tipologie di funzioni dirigenziali:

- incarichi dirigenziali “apicali”, conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, ai dirigenti della prima fascia del ruolo unico; [20]

- incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale, attribuiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente;

- incarichi di direzione degli altri uffici di livello dirigenziale, conferiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio.

La riforma prevedeva espressamente il principio di temporaneità di tutti gli incarichi dirigenziali, i quali potevano essere conferiti esclusivamente a tempo determinato; alla scadenza, in mancanza di riconferma o di conferimento di un nuovo incarico, il dirigente veniva collocato in disponibilità presso il ruolo unico. [21]

Le novelle apportate dai decreti legislativi del 1998 stabilivano anche la cessazione dell’incarico come misura conseguente all’accertamento della responsabilità dirigenziale. [22]

Per quanto concerne i rapporti tra organi politici e dirigenti, i decreti del 1998 accentuavano la distinzione tra le funzioni di indirizzo politico degli organi di governo e le funzioni di gestione e amministrazione dei dirigenti; in particolare, le norme escludevano espressamente che il Ministro potesse revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti; pertanto il legislatore riconduceva il rapporto tra politica e amministrazione nell’ambito della collaborazione e del coordinamento funzionale, escludendo, in tal modo, ogni connotazione di tipo gerarchico. [23]

La separazione delle competenze politiche e amministrative determinava l’ampliamento dei compiti del dirigente e un maggior rigore nell’accertamento delle fattispecie di responsabilità dirigenziale, che veniva incentrata sulla valutazione dell’attività svolta dal dirigente in relazione agli obiettivi programmati. [24]

La legge 145 del 2002 completava la riforma del sistema dirigenziale disponendo, tra l’altro l’abolizione del ruolo unico della dirigenza; questa legge, che è stata successivamente modificata da ulteriori interventi legislativi, contiene la disciplina vigente della dirigenza pubblica: essa prevede che il provvedimento amministrativo di conferimento individui l’oggetto dell’incarico, gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo, nonché la durata dell’incarico, la quale deve essere correlata agli obiettivi prefissati. [25]

In base alle recenti modifiche legislative, la durata degli incarichi dirigenziali non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. [26]

La legge n. 145 del 2002 ha innovato anche in materia di responsabilità dirigenziale prevedendo che il mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero l’inosservanza delle direttive dell’organo politico comportano l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale; in relazione alla gravità dei casi, l’amministrazione può, inoltre, revocare l’incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli , ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.

4. La sentenza n. 104 del 2007.

Con la sentenza in esame la Corte Costituzionale ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del combinato disposto dall’articolo 55 comma 4 dello Statuto della Regione Lazio, promulgato con legge statutaria 11 novembre 2004 n. 1 e dall’articolo 71 commi 1, 3 e 4 lettera a) della legge regionale del Lazio 17 febbraio 2005 n. 9, che determinava la decadenza automatica dei direttori generali della ASL allo scadere del 90° giorno dall’insediamento del Consiglio regionale.

Il giudice a quo aveva prospettato la violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, ritenendo che, nella fattispecie oggetto di ricorso, l’interruzione della continuità dell’azione amministrativa connessa con la carica venisse fatta dipendere non dalla valutazione dell’attività svolta, ma in conseguenza dell’evento oggettivo costituito dall’insediamento di un nuovo Consiglio regionale. [27]

L’esame della questione di legittimità costituzionale ha implicato la verifica della natura giuridica delle ASL e del ruolo assolto dai direttori generali delle Aziende nel contesto della sanità pubblica.

 In via preliminare, la Corte, ha stabilito che le ASL rientrano fra gli enti regionali dipendenti, poiché sono costituite con legge regionale e sono sottoposte al controllo, alla vigilanza e al potere d’indirizzo della Regione; i loro bilanci e rendiconti sono approvati dalla Regione, che assicura le necessarie risorse finanziarie; il loro organo istituzionale di vertice – il direttore generale – è nominato dal Presidente della Regione; inoltre la Regione Lazio ha definito enti pubblici dipendenti tutti quelli «che operano nell’ambito del territorio regionale, nelle materie riservate alla competenza regionale.

                La Corte ha, anche, richiamato la precedente giurisprudenza costituzionale che aveva qualificato le ASL come lo strumento attraverso il quale la Regione provvede all’erogazione dei servizi sanitari nell’esercizio della competenza in materia di tutela della salute ad essa attribuita dalla Costituzione. [28]

La questione di legittimità costituzionale è stata dunque considerata rilevante, poiché ai direttori generali delle ASL, in qualità di organi istituzionali della Regione, si applicava la decadenza automatica regolata dalle disposizioni censurate.

Nel merito la Consulta ha osservato che le ASL, costituendo le strutture preposte ad erogare l’assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie nell’ambito dei servizi sanitari regionali, assolvono compiti di natura essenzialmente tecnica, che esercitano sulla base degli indirizzi generali contenuti nei piani sanitari regionali e negli indirizzi impartiti dalle Giunte regionali.

In coerenza con la natura delle ASL di ente regionale che assolve a compiti di carattere tecnico, la legge regionale n. 18 del 1994 richiede, per la nomina la direttori generali, il compimento di uno specifico procedimento valutativo; e individua in modo puntuale le cause di decadenza dalla carica; per la Corte Costituzionale, quindi, il direttore generale di una ASL è qualificato dalle norme regionali come un organo tecnico-professionale che ha il compito di perseguire gli obiettivi gestionali e operativi definiti dal piano sanitario regionale, dagli indirizzi della Giunta, dal provvedimento di nomina e dal contratto di lavoro con l’amministrazione regionale. [29]

Costituendo il direttore generale della ASL un organo tecnico professionale, lo spoil system non è giustificato né dalla tipologia del rapporto che lo lega all’organo di governo, poiché esso si configura come relazione indiretta e mediata da altri organi, quali gli uffici di diretta collaborazione, il dipartimento la direzione regionale; né dall’esigenza di preservare un rapporto diretto fra l’organo politico neo eletto e il direttore generale in precedenza nominato; questa esigenza, infatti, si riscontra solo in occasione del mutamento degli organi di governo e non nell’ipotesi della conferma della maggioranza politica, mentre la decadenza automatica dalla carica si verifica in ogni caso.

In base alle disposizioni censurate, la decadenza automatica dalla carica di direttore generale di una ASL prescindeva dalle modalità effettive di svolgimento concreto del rapporto tra organo politico e organo amministrativo, dovendo il direttore cessare dall’ufficio decorso il termine di novanta giorni dall’insediamento del Consiglio regionale, dunque in virtù di una causa estranea alle vicende del rapporto di lavoro; la decadenza dall’incarico prescindeva, quindi, dalle valutazioni concernenti i risultati aziendali e da ulteriori cause legittimanti la risoluzione per inadempimento del rapporto.

La questione di legittimità costituzionale in oggetto, ha offerto, alla Corte, l’occasione per chiarire ulteriormente le condizioni e i limiti di applicazione dello spoil system nel nostro ordinamento; nel caso in esame i parametri di costituzionalità sono gli articoli 97 e 98 della Costituzione: l’articolo 97 da una parte sottopone gli uffici pubblici ad una riserva (relativa) di legge, sottraendoli all’esclusiva disponibilità del governo; dall’altra stabilisce che gli uffici pubblici siano organizzati secondo i principi di imparzialità ed efficienza prevedendo, anche, che l’accesso ai pubblici uffici avvenga, di norma, mediante procedure fondate sul merito, ossia per pubblico concorso.

Il principio di imparzialità risulta essere “unito quasi in endiadi con quelli della legalità e del buon andamento dell'azione amministrativa” e rappresenta un valore essenziale cui deve informarsi l’organizzazione di tutti i pubblici uffici.

                Per la Corte Costituzionale, gli articoli 97 e 98 costituiscono gli strumenti finalizzati a garantire l’indipendenza dell’amministrazione pubblica e dei suoi funzionari dalle influenze delle diverse forze politiche: l’indipendenza funzionale e operativa è necessaria, considerato gli organi politici e gli organi amministrativi perseguono finalità diverse: i primi sono portatori interessi di parte; l’amministrazione pubblica, invece, nell’attuazione dell’indirizzo politico, è vincolata ad agire in modo neutro ed imparziale, al fine di evitare ogni rischio di deviazione dell’azione pubblica verso altri interessi di parte.

Per questa ragione, la selezione dei pubblici funzionari non ammette ingerenze di carattere politico, che costituiscono espressione di interessi non riconducibili a valori di carattere neutrale e imparziale; l’unica eccezione è costituita dall’esigenza che alcuni incarichi, quelli dei diretti collaboratori dell’organo politico, siano attribuiti a soggetti individuati intuitu personae, vale a dire con una modalità che mira a rafforzare la coesione tra l’organo politico e gli organi di vertice dell’apparato burocratico, per consentire il buon andamento dell’attività di direzione dell’ente. [30]

                Per la Consulta, la disciplina privatistica del loro rapporto di lavoro dei dirigenti non ha fatto venir meno le esigenze del perseguimento degli interessi generali; questo è il motivo per cui la normativa vigente contempla tutta una serie di garanzie con riferimento sia alle modalità di assegnazione, sia alla cessazione anticipata degli incarichi. [31]

                Il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti assolve, dunque, alla ratio di consentire, ai dirigenti, tra i quali i direttori generali delle ASL, di esercitare le propria attività in aderenza ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento; ai medesimi principi si ricollega la disciplina del giusto procedimento, in base alla quale, il destinatario dell’atto deve essere informato dell’avvio del procedimento, deve avere la possibilità di intervenire a propria difesa, deve poter ottenere un provvedimento motivato che tenga conto delle ragioni esposte e nei cui confronti sia possibile esperire ricorso giurisdizionale.

                La Corte ha stabilito che il rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione impone che la dipendenza funzionale del dirigente non possa e non debba diventare dipendenza politica; il dirigente è sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo può essere allontanato; ma non può essere messo in condizioni di precarietà tali da subire la decadenza dall’incarico senza il rispetto del giusto procedimento. [32]

                L’inapplicabilità dello spoil system ai direttori generali delle ASL non preclude alle regioni la possibilità di far valere eventuali inadempienze contrattuali adottando i procedimenti previsti dalla legge in materia di responsabilità dirigenziale; infatti, per l’ordinamento giuridico vigente, le obbligazioni contrattuali dei dirigenti rientrano nella categoria degli obblighi di risultato; l’inosservanza delle direttive o la mancata adozione degli atti fondamentali connessi all’esecuzione degli incarichi legittimano l’espletamento del procedimento preordinato all’adozione delle sanzioni previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale; nelle ipotesi più gravi, in cui la responsabilità del dirigente integra gli estremi del danno erariale, l’amministrazione, in persona dell’organo competente, ha l’obbligo di far valere tale responsabilità. [33]  

Con la medesima sentenza, la Corte Costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 96 della legge della Regione Sicilia 26 marzo 2002 n. 2, nella parte in cui prevedeva che gli incarichi dirigenziali di cui ai commi 5 e 6 potevano essere revocati, modificati e rinnovati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale. [34]

                La Corte ha riconosciuto che il potere della Giunta regionale di conferire incarichi dirigenziali apicali a soggetti individuati intuitu personae mira ad assicurare quel continuum fra organi politici e dirigenti di vertice che giustifica, nei confronti di questi ultimi, la cessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale; a tale ratio, tuttavia, sono estranei gli incarichi dirigenziali di livello “non generale”, i quali non sono conferiti direttamente dal vertice politico e quindi non presentano il medesimo grado di contiguità che connota gli incarichi apicali.

5. I ricorsi in materia di spoil system: profili processuali.

L’applicazione dello spoil system nel nostro ordinamento alimenta il contenzioso giurisdizionale: in parte ciò è dovuto alla cattiva formulazione delle disposizioni legislative che come è stato rilevato dalla Corte Costituzionale, si pongono in contrasto con i principi della Costituzione; in altri casi lo spoil system viene utilizzato in modo improprio, per allontanare i dirigenti che si siano resi inadempienti o per anticipare la rotazione degli incarichi dirigenziali

La corretta individuazione della cognizione di merito costituisce un presupposto essenziale per il buon esito di un ricorso; secondo le regole generali, la scelta della giurisdizione ordinaria o amministrativa dipende dalla natura sostanziale delle situazioni giuridiche oggetto di impugnazione: se si assume la lesione dei diritti soggettivi, competente è il giudice ordinario; se invece il provvedimento impugnato riveste carattere discrezionale e viola l’interesse legittimo del ricorrente, la cognizione è del giudice amministrativo.

Si ritiene utile offrire un quadro sintetico delle più recenti pronunce giurisdizionali che stabiliscono i criteri di individuazione del giudice competente a decidere i ricorsi in materia di spoil system: con la sentenza n. 104 del 4 dicembre 2007 la Corte Costituzionale ha esaminato l’eccezione d’inammissibilità sollevata da alcune parti private, avente ad oggetto la competenza del Consiglio di Stato quale giudice a quo: la Consulta ha condiviso l’orientamento del giudice di merito che ha affermato la propria competenza in base al carattere discrezionale insito nel provvedimento di scelta dei direttori generali delle ASL.

                Con ordinanza n. 569 del 19 febbraio 2008 il Consiglio di Stato, sezione V, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo relativamente ad una controversia concernente l’impugnazione di un provvedimento di diniego di conferma dall’incarico di direttore generale di una ASL; ha osservato il giudice amministrativo che il provvedimento che stabilisce la decadenza dall’incarico si svolge con le stesse modalità della nomina e postula, dunque, l’esercizio di un potere discrezionale straordinario della P.A. al cospetto del quale le parti non possono trovarsi su un piano di paritetica contrapposizione. [35]

Con la pronuncia sopra citata il Consiglio di Stato ha disatteso l’orientamento formulato dal TAR Lazio, Roma sezione III, che con ordinanza del 2 settembre 2005 n. 4772 aveva affermato la propria giurisdizione in base alla natura pubblica della ASL; nella fattispecie, il TAR aveva ritenuto applicabile al sistema di nomina del direttore generale l’articolo 55 comma 1 dello Statuto della Regione Lazio il quale configurava, quale regola generale, un ipotesi di decadenza automatica dall’incarico, alla quale si contrapponeva, quale eccezione, la possibilità di riconferma; questa norma è stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Consulta, con la sentenza n. 104 del 2007. [36]

                Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di fissare i criteri su cui si fonda la cognizione del giudice di merito in materia di spoil system: con ordinanza n. 26630 del 18 dicembre 2007, la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ha devoluto al giudice ordinario la controversia concernente l’impugnazione di una deliberazione di Giunta della Regione Abruzzo che dichiarava la decadenza dall’incarico di amministratore straordinario di un ente regionale; la Corte ha rilevato che in quel caso, la controversia aveva ad oggetto diritti soggettivi essendo la decadenza dall’incarico contemplata espressamente ed automaticamente, ex lege, con esclusione di ogni titolarità, in capo all’Amministrazione regionale, di qualsiasi potere atto ad escludere l’operatività della decadenza medesima. [37]

Con la sentenza n. 2065 del 11 febbraio 2003 la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ha stabilito la regola generale che le controversie dei direttori generali delle ASL appartengono alla cognizione del giudice ordinario, fatta eccezione soltanto per quelle che riguardano l'impugnazione della delibera regionale di conferma o mancata conferma nell'incarico, atteso che tale provvedimento, condividendo la natura dell'atto di nomina, implica una valutazione discrezionale sull'idoneità del soggetto a svolgere l'incarico affidatogli; in questi provvedimenti, il giudizio di idoneità alle mansioni ha carattere discrezionale e, riguardo ad esso, l'interessato è titolare solo di una posizione di interesse legittimo, tutelabile avanti al giudice amministrativo. [38]

Peraltro, per la Corte di Cassazione, ove il ricorrente consideri la mancata conferma nell'incarico quale fonte di una pretesa civilistica di risarcimento del danno, deducendo la violazione, da parte della Regione, delle regole di correttezza comportamentale nell'adozione della misura operativa e gestionale posta in essere con le capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

6. La legittimità costituzionale della normativa statale e regionale in materia di spoil system: giudizi pendenti.

Con ordinanza 1 ottobre 2007 n. 1143, il TAR Lazio, Roma, Sezione III, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 159, 160 e 161, del decreto legge 31 ottobre 2006, n. 262, convertito con modifiche nella legge 24 novembre 2006, n. 286; il giudice amministrativo ha pertanto sospeso il giudizio di merito, disponendo l’immediata trasmissione degli atti processuali alla Corte Costituzione.

Le norme impugnate modificano l’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 poiché da una parte prevedono, in sede di prima applicazione, la cessazione automatica degli incarichi dirigenziali soggetti allo spoil system che siano stati conferiti prima del 17 maggio 2006 [39]; dall’altra estendono lo spoil system sia ai dirigenti che ricoprono gli incarichi contemplati nel comma 5 bis dell’articolo 19 sopra citato, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli della dirigenza statale, sia ai dirigenti che ricoprono gli incarichi indicati nel successivo comma 6. [40]

Queste norme estendono lo spoil system agli incarichi dirigenziali conferiti sia ai dirigenti non appartenenti ai ruoli della dirigenza statale ma che comunque dipendono da altre pubbliche amministrazioni o da organi costituzionali, sia ai dirigenti esterni, non appartenenti alla pubblica amministrazione. [41]

La circostanza degna di rilevo è che lo spoil system viene esteso agli incarichi dirigenziali non apicali, contravvenendo così alle chiare indicazioni offerte dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale; nonostante le disposizioni impugnate precedano le note sentenze della Consulta n. 103 e n. 104 del 2007, il legislatore statale avrebbe dovuto farsi carico di recepire principi formulati dalla Corte mediante successivi interventi legislativi; ciò al fine di assicurare la coerenza dell’ordinamento giuridico vigente con la Costituzione.

In realtà, il vigente procedimento di formazione della legge statale, che prevede la partecipazione congiunta e necessaria di entrambe le Camere, che approvano la legge nel medesimo testo, si rivela inadeguato di fronte alla crescente esigenza di rinnovamento continuo dell’ordinamento giuridico: infatti oggi, sempre con più frequenza, il legislatore è chiamato a recepire il diritto comunitario ed internazionale e a colmare i vuoti normativi che derivano dalle sentenze di illegittimità della Corte Costituzionale e dalle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea che dichiarano l’incompatibilità delle norme interne con il diritto comunitario.

Il giudice a quo ha giudicato rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle parti ricorrenti nel giudizio di merito, sul presupposto che il suo eventuale accoglimento renderebbe illegittimi i provvedimenti di cessazione anticipata dagli incarichi dirigenziali dei ricorrenti, legittimandoli all’esperimento delle azioni di risarcimento dei danni sofferti.

Il TAR Lazio ha altresì giudicato la questione incidentale di costituzionalità non manifestamente infondata, osservando che le norme impugnate configgono con le seguenti disposizioni costituzionali: con l’articolo 3 comma 1 relativamente al principio costituzionale di eguaglianza; con l’articolo 97 relativamente al principio di buon andamento dell’amministrazione pubblica; con l’articolo 98 il quale dispone che i pubblici impiegati siano al servizio esclusivo della Nazione; con l’articolo 36 che stabilisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato ed idonea ad assicurare un esistenza libera e dignitosa al lavoratore medesimo e alla sua famiglia.

Non è questa la sede per formulare giudizi prognostici aventi ad oggetto il provvedimento giurisdizionale che la Consulta vorrà adottare per definire la questione di legittimità di cui si discute; è bene tenere a mente che la Corte giudica nei limiti della questione prospettatagli e che l’esame del merito della fattispecie è subordinato al preventivo giudizio circa l’ammissibilità del ricorso. [42]

Tuttavia, nell’ipotesi in cui il ricorso incidentale sia dichiarato ammissibile, la pronuncia di illegittimità della Corte appare inevitabile, alla luce degli orientamenti già formulati dalla Corte Costituzionale.

La Consulta ha già evidenziato l’eccezionalità dell’istituto dello spoil system, giudicando che esso possa essere legittimamente applicato solo relativamente agli incarichi dirigenziali avente carattere apicale; in particolare, con la sentenza n. 104 del 2007 la Corte ha espressamente riconosciuto che il potere dell’organo politico di conferire incarichi dirigenziali cosiddetti «apicali» a soggetti individuati intuitu personae mira ad assicurare quel continuum fra organi politici e dirigenti di vertice che giustifica, nei confronti di questi ultimi, la cessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale; a tale ratio sono estranei gli incarichi dirigenziali di livello “non generale”, i quali non presentano il medesimo grado di contiguità che connota gli incarichi apicali.

Per la Corte, la privatizzazione della dirigenza non implica che la pubblica amministrazione possa recedere, liberamente e unilateralmente, dal rapporto di lavoro; infatti, se così fosse, si verrebbe ad instaurare uno stretto legame fiduciario tra le parti, che non consentirebbe ai dirigenti di svolgere in modo autonomo e imparziale la propria attività. [43]

La disposizione che prevede, allo spirare del termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, la cessazione automatica degli incarichi dirigenziali soggetti allo spoil system conferiti prima del 17 maggio 2006, ripropone l’istituto dello spoil system una tantum che già è stato dichiarato incompatibile con il vigente ordinamento costituzionale. [44]

Un ulteriore ricorso di costituzionalità, attualmente pendente innanzi alla Consulta, concerne una legge della Regione Lazio: la quinta sezione del Consiglio di Stato, con le ordinanze 11 settembre 2007 n. 5388 e 19 febbraio 2008 n. 569, ha presentato domanda di legittimità costituzionale delle norme contenute nell’articolo 1 della legge regionale del Lazio 13 giugno 2007 n. 8, disponendo la sospensione dei processi in corso e l'immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte costituzionale.

La legge regionale è stata ritenuta in contrasto con gli contrasto con gli articoli. 3, 24, 101, 103, 113 e 117, lettera L) della Costituzione.

Le disposizioni impugnate autorizzano la Giunta regionale a deliberare, a favore dei componenti degli organi istituzionali di enti pubblici dipendenti che siano decaduti dalla carica in virtù di norme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale, il reintegro nelle cariche ed il ripristino dei relativi rapporti di lavoro, o in alternativa, un offerta di equo indennizzo.

La legge regionale prevede, altresì, che l’offerta dell’indennizzo sia comunque adottata, qualora il rapporto di lavoro sia stato interrotto, di fatto, per oltre sei mesi. [45]

                Le norme impugnate rientrano nel novero delle leggi provvedimento, essendo finalizzate a porre rimedio a situazioni particolari rappresentate dalla sopravvenuta illegittimità della decadenza dall’incarico. [46]

La Corte Costituzionale deve ancora pronunciarsi sia sull’ammissibilità, sia sul merito del ricorso; non essendo disponibile il fascicolo contenente le eccezioni e memorie delle parti, risulta difficile formulare previsioni sulle decisioni che la Consulta intenderà adottare; è comunque interessante, verificare le motivazioni dei giudici di Palazzo Spada che sono alla base delle ordinanze di remissione [47].

In via preliminare il Consiglio di Stato ha recepito l’orientamento, formulato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con ordinanza 11 febbraio 2003 n. 2065, che attribuiva alla giurisdizione amministrativa le controversie in materia di spoil system, sul presupposto che la mancata conferma dell’incarico implica una valutazione discrezionale dell’idoneità del dirigente a svolgere il proprio lavoro [48].

                I giudici di Palazzo Spada hanno anche rigettato l’eccezione di ammissibilità del ricorso che si fondava sulla scadenza, intervenuta nelle more del giudizio, del termine originariamente previsto per la durata dell’incarico; correttamente il giudice a quo ha osservato che il lasso di tempo necessario ad ottenere tutela giurisdizionale non può mai risolversi in un pregiudizio per la parte che la richiede: infatti l’esercizio del potere cautelare non può essere condizionato dalle modifiche sopravvenute nella situazione fatto, essendo finalizzato a ripristinare le situazioni soggettive lese da un provvedimento illegittimo come se quest’ultimo non avesse mai avuto efficacia [49].

La questione di legittimità è stata ritenuta rilevante dal Consiglio di Stato, il quale ha evidenziato come, sul presupposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 104 del 2007, aveva emanato due ordinanze di natura cautelare che stabilivano il reintegro dei direttori generali delle ASL che erano stati decaduti dall’incarico in virtù di normativa regionale, che successivamente era stata dichiarata incostituzionale; l’entrata in vigore della legge regionale 13 giugno 2007 n. 8 ha tuttavia, precluso, al Consiglio di Stato, di disporre l’esecuzione di tali ordinanze cautelari [50].

 Secondo il giudice rimettente, in virtù delle disposizioni contenute nella legge regionale n. 8 del 2007, ai ricorsi pendenti potrebbe applicarsi solo l’offerta di equo indennizzo, essendo ormai decorso il termine semestrale di interruzione del rapporto di lavoro, con esclusione di ogni possibilità di reintegro nell’incarico.

Per quanto concerne la non manifesta infondatezza del ricorso, il giudice a quo ha osservato che la legge regionale n. 8 del 2007, delineando la reintegra del dirigente come mera ipotesi alternativa e non come un obbligo della Regione, non che fa altro che reintrodurre la possibilità di far luogo a quel meccanismo di spoil system che la Corte costituzionale ha già ritenuto non conforme alla Costituzione, per violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione [51].

                Peraltro, la legge regionale n. 8 del 2007, limitando l’alternativa della reintegra alla circostanza che l’interruzione del rapporto di lavoro non si sia protratta per più di sei mesi, introduce un alternativa apparente, essendo nella pratica realisticamente impossibile ottenere la declaratoria di incostituzionalità di una legge in tempo utile a disporre la reintegra [52].

Ciò impedisce il pieno esercizio della tutela cautelare sotto forma di reintegra e costituisce una violazione del riparto di competenze previsto dall’articolo 117 della Costituzione, il quale attribuisce la materia concernente i limiti agli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale e la gamma dei poteri processuali nel diritto amministrativo, alla competenza esclusiva dello Stato [53].

Per il Consiglio di Stato, l’indennizzo previsto dalla legge regionale costituisce una forma onerosa di spoil system, limita la tutela giurisdizionale al solo profilo risarcitorio e viola il principio di uguaglianza, essendo la disposizione impugnata prevista unicamente per i dirigenti decaduti dall’incarico in virtù di una legge dichiarata incostituzionale e non per gli altri dirigenti eventualmente decaduti per effetto di provvedimenti dichiarati illegittimi nelle altre sedi giurisdizionali.

Del resto, la tutela cautelare è sempre stata ritenuta, dal giudice amministrativo, prevalente rispetto a quella risarcitoria: infatti, l’allontanamento ad libitum di un dirigente costituisce un atto che mette in discussione la stessa identità professionale del soggetto e che pertanto necessita di una forma di tutela ulteriore rispetto al semplice risarcimento [54].

 

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[1] Così Francesco Merloni, “Primi incerti tentativi di arginare lo spoils system nelle Regioni” nella rivista giuridica le Regioni 6/2006.

[2] Francesco Merloni, op. cit. osserva come lo spoils system non sia, di per sé, incompatibile con il principio di distinzione tra attività di indirizzo politico e gestione amministrativa; è tuttavia necessario che alla dirigenza fiduciaria, cui deve essere circoscritta l’applicazione dell’istituto, non siano affidati compiti di amministrazione e di gestione

[3] Sandro de Gotzen in “il bilanciamento tra spoil system e principio di distinzione tra politica e amministrazione nella dirigenza regionale”, nella rivista giuridica le Regioni n. 5/2007, osserva che il principio di buon andamento costituisce il fondamento sia del carattere fiduciario che giustifica che lo spoil system della dirigenza apicale, al fine di garantire la coesione degli organi amministrativi con gli organi politici; sia delle regole che presuppongono la continuità dell’azione amministrativa e che prescrivono verifiche periodiche sull’attività di gestione dei dirigenti.

Per l’autore, la differenziazione funzionale tra politica e amministrazione, derivante dal principio di imparzialità, richiede strumenti idonei a bilanciare il sistema dello spoil system, i quali si individuano nelle norme che tutelano l’indipendenza della dirigenza.

[4] I ricorsi gerarchici ed il potere sostitutivo dei dirigenti sono istituti preposti alla salvaguardia delle esigenze soggettive della pubblica amministrazione; pertanto questi rimedi non assolvono a finalità di carattere generale; peraltro nella pratica, l’utilizzo di tali strumenti favorisce il ripristino della legalità amministrativa costituendo così una forma di tutela dell’ordinamento giuridico generale.

[5] Il Dipartimento della funzione pubblica, con direttiva 19 dicembre 2007 n. 10 ha emanato norme concernenti la durata degli incarichi dirigenziali, i criteri per l’affidamento, il mutamento e la revoca degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali e la valutazione della dirigenza; la direttiva è indirizzata alle Amministrazioni dello Stato cui si applica, direttamente, il Capo II, Titolo II, del decreto legislativo n. 165 del 2001; essa costituisce, comunque, un utile punto di riferimento anche per le Regioni le quali, in materia di organizzazione e personale, sono titolari della competenza residuale, ma restano soggette all’osservanza dei principi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale; la direttiva sopraccitata ha ad oggetto gli incarichi dirigenziali e gli incarichi di direzione generale, ma non concerne gli incarichi dirigenziali apicali.

[6] Si veda al riguardo Federico Jorio, in “Lo spoil system viene nuovamente ridisegnato dal giudice delle leggi con le sentenze nn. 103 e 104 del 2007: stabilizzazione della dirigenza e giusto procedimento”, pubblicato nella rivista telematica federalismi.it; per l’autore, correttamente, i dirigenti apicali hanno come primario obiettivo quello di organizzare e coordinare l’apparato amministrativo.

[7] Per garantire l’effettività del principio di responsabilità amministrativa necessario che le norme in materia di organizzazione dispongano una chiara ripartizione di competenze e funzioni tra i diversi organi dirigenziali: pertanto è opportuno individuare, preventivamente, i dirigenti cui assegnare in via generale la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, attribuendo agli altri organi dirigenziali la gestione e la responsabilità di singoli atti e/o progetti.

 [8] Tale verifica deve avere ad oggetto la compatibilità delle proposte di legge con la Costituzione, sulla base degli orientamenti formulati dalla Corte Costituzionale; le leggi da promulgare devono inoltre risultare coerenti con il diritto comunitario vigente e con gli obblighi internazionali. Comunque, in presenza di leggi manifestamente illegittime, il Presidente della Repubblica può rifiutarne la promulgazione e chiedere alla Camere una nuova deliberazione; il Presidente della Regione può rifiutare la promulgazione di una legge manifestamente incostituzionale solo se tale potere è previsto dallo Statuto regionale; la dichiarazione di incostituzionalità di una legge manifestamente incostituzionale costituisce, sempre, un danno all’immagine dell’amministrazione statale o regionale, poiché favorisce il sospetto di un uso distorto dello strumento legislativo.

[9] Questo carattere, comune ai procedimenti giurisdizionali su istanza di parte, è definito come corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

[10] A volte la dottrina si lamenta della mancata uniformità di giudizio della Consulta, dimenticando che il giudice delle leggi sentenzia tenendo conto delle modalità con cui una questione viene prospettata: si ricorda che la Corte può dichiarare, con ordinanza, l’improcedibilità o l’inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale mal formulata, prescindendo dall’esame di merito.

[11] Articolo 14 comma 3 legge regionale della Calabria 19 marzo 2004 n. 11

[12] Il decreto legislativo n. 517 del 1999 attribuisce la disciplina dei rapporti tra Servizio sanitario nazionale e università ai protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio.

[13] Sull’argomento, Francesco Merloni, in “Lo spoils System è inapplicabile alla dirigenza professionale: dalla Corte nuovi passi nella giusta direzione”, pubblicato nella rivista giuridica Le Regioni 5/2007, osserva come il nuovo Titolo V della Costituzione, abbia fatto venir meno il principio di uniformità organizzativa delle amministrazioni pubbliche e abbia attribuito alla competenza residuale delle regioni la disciplina dell’organizzazione amministrativa regionale; pertanto, secondo l’autore, va esclusa l’applicabilità, alle regioni speciali e a quelle ordinarie, dei principi della legge statale n. 145 del 2002 l’organizzazione amministrativa.

[14] Naturalmente, gli effetti dello spoil system sul rapporto di lavoro del dirigente saranno diversi, secondo che destinatario dell’incarico sia un soggetto esterno o interno all’amministrazione regionale.

[15] Con la successiva sentenza n. 104 del 2007 la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle leggi della Regione Lazio che applicavano lo spoil system ai direttori generali delle ASL; il diverso orientamento formulato dalla Corte Costituzionale in materia di decadenza automatica dei vertici delle ASL è dovuto ai diversi profili di illegittimità sollevati nelle ordinanze di remissione.

[16] Per la Corte Costituzionale, un incarico eccessivamente breve costituisce un indice di precarizzaizone della funzione dirigenziale, ed è difficilmente compatibile con un adeguato sistema di garanzie del dirigente che sia idoneo ad assicurare un imparziale svolgimento dell’azione amministrativa.

[17] L’imparzialità dell’agire pubblico si rende necessario sia nell’esercizio dei poteri autoritativi, al cospetto dei quali le situazioni soggettive private si trovano in strato di soggezione; sia nello svolgimento delle attività di diritto civile, in cui la P.A. si trova in una posizione di reciproca parità con i soggetti privati; questa relazione di parità non esime l’ente pubblico dall’esternare pubblicamente le motivazioni che sono a fondamento delle sue scelte.

[18] Sandro de Gotzen in “il bilanciamento tra spoil system e principio di distinzione tra politica e amministrazione nella dirigenza regionale”, pubblicato nella rivista le Regioni n. 5/2007, osserva che il principio di buon andamento costituisce il fondamento sia del carattere fiduciario che giustifica che lo spoil system della dirigenza apicale, al fine di garantire la coesione degli organi amministrativi con gli organi politici, sia delle regole che presuppongono la continuità dell’azione amministrativa e che prescrivono verifiche periodiche sull’attività di gestione dei dirigenti; secondo l’autore, la differenziazione funzionale tra politica e amministrazione derivante dal principio di imparzialità, richiede strumenti idonei a bilanciare il sistema dello spoil system, i quali si individuano nelle norme che tutelano l’indipendenza della dirigenza.

[19] In tal senso Luigi Olivieri, “Caso Speciale e spoil system; spunti per una riflessione sui rapporti tra organi di governo e organi gestionali” pubblicato sulla rivista telematica Lexitalia.it

[20] Costituiscono dirigenti apicali dello Stato i segretari generale dei ministeri, i capi dipartimento aventi la direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e gli incarichi di livello equivalente.

[21] Il comma 10 dell’art. 19 del decreto legislativo n. 29 del 1993 prevedeva che i dirigenti senza la titolarità di un ufficio dirigenziale svolgevano, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne avevano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall’ordinamento

[22] Articolo 21 del decreto legislativo n. 29 del 1993 come modificato dai decreti n. 80 e n. 387 del 1998.

[23] La Consulta, nella sentenza n. 103 del 2007 ha osservato come questa disciplina legislativa determinasse il definitivo passaggio da una concezione della dirigenza intesa come status ad una dirigenza di tipo funzionale.

[24] Le attività di controllo e valutazione dell’attività dirigenziale sono attualmente disciplinate dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 286.

[25] Il Testo unico del pubblico impiego come modificato dalla legge sopraccitata, prevede che in ciascuna amministrazione statale venga istituito un ruolo della dirigenza.

[26] Prima dell’entrata in vigore della legge n. 145 del 2002, gli elementi essenziali dell’incarico erano determinati dal contratto individuale; attualmente il contratto individuale determina il trattamento economico e disciplina gli istituti di diritto civile che concernono il rapporto di lavoro; la legge n. 145 del 2002 è stata modificata dall’articolo 14 sexies, comma 1 della legge n. 168 del 2005 e dall’articolo 2 commi 159, 160 e 161 della legge n. 286 del 2006.

[27] Il giudice di merito aveva ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la violazione dell’articolo 97 della Corte Costituzionale nella parte in cui le disposizioni censurate, ricollegando la cessazione dalla carica al rinnovo del Consiglio regionale, perseguivano “l’evidente finalità di consentire alle forze politiche, di cui è espressione il nuovo Consiglio, di sostituire i preposti agli organi istituzionali» degli enti che dipendono dalla Regione”.

[28] Sentenza della Corte Costituzionale 220 del 2003.

[29] La prestazione di lavoro del direttore generale di una ASL costituisce, pertanto, un obbligazione di risultato.

[30] In tal senso si vedano le sentenze della Corte Costituzionale n. 333 del 1993 e n. 233 del 2006

[31] La legge 142 del 2002 prevede infatti che gli incarichi dirigenziali siano assegnati «tenendo conto, tra l’altro, delle attitudini e delle capacità professionali» e che la loro cessazione anticipata avvenga in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti.

[32] In tal senso Guido Corso – Guerino Fares in “Quale spoils system dopo la sentenza 103 della Corte Costituzionale”, pubblicato nella rivista telematica giustamm.it; secondo gli autori, il rapporto tra gli organi di governo e l’amministrazione non può essere “né di totale immedesimazione né di totale indipendenza, poiché l’amministrazione è in rapporto di separazione ma anche di collegamento con gli organi di governo essendo tenuta ad attuare l’indirizzo politico.

[33] L’attivazione del procedimento di responsabilità dirigenziale, in presenza dei presupposti previsti dalla legge, costituisce non un adempimento discrezionale ma un obbligo per l’amministrazione, in particolare in quei casi in cui i profili di responsabilità possono costituire fattispecie di danno erariale; i soggetti competenti all’instaurazione del procedimento di responsabilità dirigenziale possono essere dichiarati responsabili del danno ulteriore derivante dalla mancata rimozione del dirigente. La mancata rimozione di un dirigente che nell’esercizio delle sue funzioni abbia prodotto un danno alla propria amministrazione può esser considerata anche sotto il profilo della lesione all’immagine dell’ente pubblico.

[34] L’illegittimità costituzionale è stata pronunciata per violazione dell’articolo 97 primo comma della Costituzione e dell’articolo 14 dello Statuto speciale della Regione Sicilia convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 2.

[35] I giudici di Palazzo Spada affermano la propria cognizione richiamando l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza n. 2065 del 11 febbraio 2003; in tale pronuncia la Cassazione aveva ritenuto devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo l’impugnazione di un provvedimento adottato in virtù del meccanismo di spoil system, in quanto implicava una valutazione discrezionale sull’idoneità a svolgere un incarico di direttore generale.

[36] In tale occasione il TAR ha affermato che richiedeva motivazione ed adeguata istruttoria solol’eventuale riconferma del dirigente e non la decadenza automatica insita nell’esercizio dello spoil system.

[37] La Corte di Cassazione ha accolto tale interpretazione in quanto ritenuta presupposta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 233 del 2006 ed in coerenza con il criterio generale di riparto della giurisdizione stabilito dalla Consulta nella sentenza n. 204 del 2004.

[38] Per la Suprema Corte, il rapporto di lavoro del direttore generale delle aziende sanitarie è regolato da un contratto di diritto privato, qualificabile come rapporto di lavoro autonomo, con la conseguenza che, per regola generale, le relative controversie rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

[39] La presente disposizione disciplina lo spoil system una tantum proprio perché la cessazione degli incarichi è connessa all’entrata in vigore della legge oggetto d’impugnativa.

[40] La cessazione automatica scatta alla scadenza del termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge sopraccitato.

[41] Le norme vigenti prevedono che i dirigenti esterni siano scelti tra persone aventi una particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero in aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

[42] Nei ricorsi di legittimità costituzionale in via incidentale, le pronunce della Corte sono in stretto rapporto con le motivazioni contenute nell’ordinanza di remissione del giudice a quo;

[43] Cosi la Corte nella sentenza n. 103 del 2007 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 comma 7 della legge 145 del 2002 che estendeva lo spoil system ai dirigenti generali non aventi carattere apicale.

[44] In tal senso Luigi Olivieri in “La rivincita dello spoil system” pubblicato nella rivista telematica Lexitalia.it n. 11/2007; l’autore evidenzia come lo spoil system dichiarato incostituzionale dalla Consulta, continua a prevalere in seguito ai nuovi interventi del legislatore; l’autore evidenzia il contrasto tra le nuove norme della legge finanziaria del 2008, che precludono agli enti pubblici la possibilità di assumere mediante contratti a termine e le altre norme che invece prevedono, per gli incarichi dirigenziali a contratto, la possibilità di assunzioni di dirigenti a tempo determinato.

[45] Ai sensi del secondo comma dell’articolo 1 della legge in oggetto l’offerta di equo indennizzo rappresenta l’unica soluzione possibile per risarcire i dirigenti che sono illegittimamente decaduti dall’incarico ricoperto; il quantum dell’indennizzo è determinato dalla Giunta regionale

[46] La legislazione delle regioni, non di rado, ricorre alla promulgazione di leggi provvedimento; si ritiene, comunque, che l’ammissibilità di questo strumento non debba essere estesa alle fattispecie che comportano l’affievolimento o il sacrificio delle situazioni giuridiche dei soggetti terzi, che altrimenti risultano prive di adeguata tutela : infatti la legge, a differenza dei regolamenti, costituisce un atto politico che non è sottoposto al regime d’impugnazione degli atti amministrativi.

[47] Le questioni di legittimità costituzionale in via incidentale costituiscono, peraltro, giudizi senza parti necessarie, in quanto la costituzione delle parti non è necessaria ai fini della definizione del giudizio

[48] Il provvedimento negativo di mancata conferma dell’incarico dirigenziale costituisce un atto discrezionale poiché non ha un contenuto vincolato; a giudizio di chi scrive, tuttavia, la non conferma non si traduce necessariamente in un giudizio di idoneità, potendo un dirigente non essere confermato semplicemente perché gli si preferisce un altro soggetto.

[49] Si veda, al riguardo, il punto 11 dell’ordinanza 11 settembre 2007 n. 5388.

[50] Con le ordinanze n. 2700/2007 e 3069/07 la Quinta sezione del Consiglio di Stato aveva accolto la domanda dei ricorrenti ordinando la reintegra nel posto di lavoro dei direttori generali delle ASL, sul presupposto che gli atti amministrativi realizzati sulla base di una norma dichiarata incostituzionale perdono efficacia; secondo il giudice amministrativo, in virtù della sentenza costituzionale n. 104 del 2007, l’atto con cui il direttore generale era stato sostituito doveva essere considerato illegittimo e pertanto il rapporto di lavoro del ricorrente doveva considerarsi valido e vigente.

[51] Per il Consiglio di Stato la legge regionale censurata reintroduce una specie di spoil system mascherato, in fattispecie che la Corte Costituzionale aveva già sottratto dall’applicazione dell’istituto.

[52] E’ stata già rilevata l’irrazionalità intrinseca della legge regionale n. 8 del 2007, che si evidenzia nel contrasto tra il fine positivamente assunto dalla legge stessa e la disposizione la quale, impedendo di fatto la reintegra, impone quale unica soluzione praticabile l’indennizzo, reintroducendo in tal modo una forma onerosa di spoil system; in tal senso Francesco Castiello, “Spoil System dei Direttori generali delle AA.SS.LL. del Lazio Atto secondo” nella rivista telematica Lexitalia.it n. 11/2007.

[53] E’ significativo che in entrambe le ordinanze di remissione, n. 5388/2007 e n. 569/2008 il Consiglio di Stato sollevi il dubbio che la legge regionale n. 8 del 2007 sia stata promulgata anche con l’intento di incidere sulle sorti dei procedimenti giurisdizionali amministrativi pendenti, aventi ad oggetto la reintegra dei direttori generali delle ASL decaduti in virtù di applicazione di norme in materia di spoil system che erano state dichiarate incostituzionali dalla sentenza n. 104 del 2007.

[54] Si legga, al riguardo, l’ordinanza n. 5388 del 2007 del Consiglio di Stato.

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