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CORTE
DI APPELLO DI NAPOLI, SEZ. I CIV., sent. 11 febbraio 2000 n. 282
- (MARTONE - Pres. - , FIENGO - rel. -,
DE DONATO - cons. -); Apicella, Marcasciano (Avv. Prof. Antonio PALMA, Avv.ti
Camillo CANCELLARIO e Marco VERRUSIO), Buccione (Avv.ti Franco ed Alfredo
IADANZA, Alessandro BIAMONTE) contro
Ricciardi (Avv. Francesco Maria DEL VECCHIO) e Martini, Circelli e Agostinelli (Avv.ti
Lucio ed Ersilia FACCHIANO).
Segretario Generale Comunità Montana - Ineleggibilità ex art. 2 n. 5 L. 23.4.81 n. 154 a Sindaco di comune appartenente a Comunità - Non sussiste.
N.B.:
Il testo della sentenza è riportato dopo la nota di commento dell'Avv. Biamonte.
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Avv. Alessandro BIAMONTE
(foro di Napoli)
Eleggibilità
del Segretario Generale di una Comunità Montana a Sindaco di uno dei Comuni che
la compongono
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La
decisione in esame offre interessanti spunti ricostruttivi e interpretativi in
ordine alle vicende connesse a situazioni di ineleggibilità, intervenendo in un
ambito che, a detta della stessa Corte è privo di precedenti giurisprudenziali.
Si
controverte, infatti, sulla eleggibilità del Segretario Generale di una Comunità
Montana a Sindaco di uno dei Comuni che la compongono. La questione offre
ragioni di attenta riflessione anche in considerazione del fatto che il ritenere
eleggibile a tale carica il Segretario della Comunità apparirebbe, da un primo
esame non approfondito, porsi in contrasto con le finalità di imparzialità
della P.A. perseguite dal Legislatore. Alla luce di tali considerazioni,
pertanto, occorre analizzare attentamente la ratio
sottesa alla norma, al fine di verificare se (e quali) situazioni di
ineleggibilità siano state individuate in astratto con la finalità di
salvaguardia di detti valori. In ogni caso, occorre ribadire che il principio
dell’elettorato passivo, consacrato nell’art. 51 Cost., rappresenta una
posizione soggettiva suscettibile di restrizione solo quando ciò si renda
indispensabile al fine di salvaguardare interessi, sempre di rango
costituzionale, riconosciuti preminenti.
Alla
luce di tali considerazioni deve, quindi, essere letta ogni norma che statuisca
sull’ineleggibilità di alcune categorie di eccezioni. Infatti, «l’eleggibilità
è la regola e l’ineleggibilità è l’eccezione» (si veda C. Cost. 6.5.1996
n. 141), con la conseguenza che le norme che derogano al principio della
generalità dell’elettorato passivo sono di stretta interpretazione e devono
essere circoscritte entro i limiti di quanto è indispensabile a soddisfare le
esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.
Nel
caso in esame la norma da prendere in considerazione è l’art. 2 n. 5 della
Legge 23.4.1981 n. 154. Il giusto canone ermeneutico, al fine di vagliare
l’ipotesi di eleggibilità del Segretario Generale della Comunità Montana, è
offerto da una interpretazione operata stricto sensu, evitando di cedere alla tentazione di interpretazioni
analogiche in contrasto con l’art. 14 disp. prel. c.c. .
Dispone
la norma che non sono eleggibili alla carica di consigliere regionale, comunale
e circoscrizionale «i titolari di organi
individuali ed i componenti di organi
collegiali, che esercitano poteri di controllo
istituzionale sull’amministrazione della regione, della provincia o del
comune, nonché i dipendenti che
dirigono o coordinano i rispettivi uffici». L’analisi del disposto
legislativo deve essere condotta alla luce del principio contenuto nell’art.
12 disp. prel. c.c., attribuendo il significato proprio delle parole avuto
riguardo alla connessione delle stesse. Dunque, esaminando il caso che ci
occupa, dovrebbe affermarsi l’ineleggibilità del Segretario Generale della
Comunità Montana solo ove lo si ricomprenda tra gli organi
che esercitano controllo istituzionale
sull’amministrazione del comune, ovvero lo si configuri quale dipendente che
diriga o coordini gli uffici in parola. Non ricorre alcuna delle due ipotesi nel
caso di specie.
In
modo particolare, soffermandoci sulla seconda ipotesi, deve escludersi con
certezza la sussunzione dell’ipotesi esaminata sotto la dizione della norma «dipendenti
che dirigono o coordinano i rispettivi uffici (degli organi di controllo
istituzionale, n.d.r.)».
Diversamente, si finirebbe con il violare l’anzidetto principio di stretta
interpretazione, finendo con il configurare, con evidenti contraddizioni, un
autonomo centro di imputazione, persona giuridica pubblica, – l’ente
Comunità Montana – quale «organo», ovvero la persona (organo individuale) o
le persone (organo collegiale) di cui si avvale l’ente per esercitare le
proprie potestà, organo che, a sua volta, persegue i fini istituzionali di
quest’ultimo per mezzo del complesso organizzato di sfere di competenze degli uffici.
Parimenti,
pur volendo prescindere (ma non è possibile farlo in considerazione del
principio di stretta interpretazione ermeneutica che vincola l’interprete) da
queste ultime considerazioni, sorvolando sulla contraddittorietà di una
equazione «ente-organo», e soffermandoci sull’eventuale esercizio di attività
di controllo, da parte della Comunità Montana, sull’amministrazione dei
comuni che la compongono, non è possibile pervenire a conclusioni differenti.
La norma dell’art. 2 n. 5 L. 154/81, essendo di stretta interpretazione,
postula, infatti, che, ai fini della sua applicabilità, ci si soffermi sui
singoli organi di cui si compone l’Ente e non già allo stesso nel suo
complesso, e quindi si verifichi se essi esercitino, o meno, poteri di controllo
Orbene,
la norma in esame statuisce che il controllo esercitato deve essere «istituzionale».
Il Collegio giudicante esclude con sicurezza la previsione in astratto e
l’esercizio di un «controllo istituzionale» della comunità sul comune,
escludendo, in nuce, la paventata commistione «controllore - controllato»
nell’ipotesi di elezione del Segretario Generale della prima a sindaco.
Afferma, infatti, la Corte che «l’espressione “controllo istituzionale”
non può, allo stato della legislazione vigente, ritenersi corrispondente ad una
nozione di ingerenza in senso lato». A tal proposito, i Giudici evidenziano la
differenza tra la generica locuzione «vigilanza» utilizzata, all’art. 15 n.
2, nel precedente D.P.R. 570/1960 e l’espressione contenuta nella norma oggi
esaminata, con una formulazione, nuova, che deve intendersi riferita ad una
situazione di controllo in senso proprio. L’«innegabile tecnicismo» dei
termini adoperati dal legislatore, nell’ambito di una legge che ha individuato
più rigorosamente le ipotesi di ineleggibilità (con transito di situazioni in
precedenza valutate come tali nella categoria dell’incompatibilità) non
lascerebbe spazio alcuno a dubbi interpretativi. Ciò senza considerare che la
legge postula, affinché sussista impedimento all’elettorato passivo, non già
una mera situazione di inconciliabilità con lo svolgimento del mandato, ma «una
più pregnante condizione di inquinamento della stessa campagna elettorale, con
funzioni il cui svolgimento ponga il titolare in posizione di potenziale
disuguaglianza e preminenza, rispetto agli altri candidati, per l’influenza
che può esercitare sugli elettori» (v. anche Cass., 16.3.90 n. 2201).
Queste
considerazioni permettono, dunque, di dissipare anche gli eventuali (e
residuali) dubbi concernenti l’eleggibilità del Segretario Generale della
Comunità Montana in ragione di un supposto esercizio di attività di controllo,
da parte della Comunità (per mezzo del suo Presidente), sull’amministrazione
attiva del comune che ne fa parte. La questione concerne, in particolare,
l’approvazione degli strumenti urbanistici, il controllo di conformità dei
piani particolareggiati di esecuzione e l’approvazione dei piani di edilizia
economica e popolare, in regime di delega da parte della Regione a favore delle
Comunità Montane.
L’esercizio
di tali funzioni delegate non integra, però, gli estremi di una attività di
controllo in senso tecnico, considerato che si è in presenza dell’esercizio
di una funzione di amministrazione concorrente, dal momento che gli strumenti
urbanistici si presentano come la risultante di un procedimento complesso,
caratterizzato da una fase di competenza comunale – adozione – e da
un’altra – approvazione – posta dalla Legge in capo alla Regione, ovvero
all’autorità delegata. Ugualmente, per ciò che concerne l’ipotesi del «controllo
di conformità dei piani particolareggiati di esecuzione» (previsto dalla L.
Reg. Campania 20.3.82 n. 14), deve affermarsi che non si è in presenza di un
controllo in senso tecnico, dal momento che non è riconosciuto alcun potere di
tipo inibitorio (che si estrinsechi in forme repressive o sostitutive),
prevedendosi la semplice possibilità di richiedere l’adeguamento dello
strumento alle leggi, ai regolamenti e al PRG, nonché al piano regionale e
territoriale. Se anche, per remota ipotesi, non si volesse aderire
all’opinione che detta attività è espressione del potere di formazione
concorrente dello strumento urbanistico, non può certo affermarsi di essere in
presenza di «controllo istituzionale»,
nel senso che essa costituisca l’attività esclusiva o prevalente della
Comunità. Appare opportuno ricordare che già la Corte di Cassazione (Cass.,
16.3.90 n. 2201) ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, ritenendo
insussistente l’ineleggibilità di un dirigente dell’assessorato regionale
all’urbanistica dal momento che «la funzione espletata dagli organi
urbanistici della regione, con l’approvazione degli strumenti urbanistici del
Comune, anche se non scevra da profili effettuali di potenziale ingerenza, non
realizza comunque una forma di controllo in senso tecnico». Essa, piuttosto, si
sostanzia, richiamando una decisione del Consiglio di Stato (Cons. St., IV sez.,
279/82), «una forma di concorso di volontà, espressione di una attività di
amministrazione attiva, necessaria per il perfezionamento di un atto complesso».
Esercizio
istituzionale di poteri di controllo non può riconoscersi in capo ad un
soggetto di programmazione e gestione del territorio montano e delle zone
intercluse, che, per sua natura, come affermato nel suo statuto, realizza «una
politica promozionale e di intervento, con la collaborazione delle forze
politiche, sociali, sindacali, economiche e di cittadini operanti nel territorio».
Conforto
alla tesi prospettata proviene, infine, dalla normativa vigente. Sorvolando
sulla disciplina regionale della Campania (che, nella L.R. 14.1.1973, prevede
espressamente che il Consiglio Generale della Comunità sia composto da
rappresentanti di ciascun comune eletti dai rispettivi consigli comunali nel
proprio seno), si può pervenire ad un principio valevole nella generalità dei
casi richiamando la disciplina introdotta dall’art. 7 della Legge 3.8.1999 n.
265 (Napolitano - Vigneri), modificativa dell’art. 28 della L. 142/90. Il
disposto della norma in questione, infatti, al co. 2, dopo avere previsto che la
comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da
sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti, afferma esplicitamente
che «il presidente (ossia l’organo
per mezzo del quale si eserciterebbe il paventato controllo, n.d.r.)
può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della
comunità». Se, dunque, è ammesso un cumulo di cariche tra l’organo per
mezzo del quale vengono esercitati i poteri della comunità e il sindaco di uno
dei comuni che la compongono, a maggior ragione deve ritenersi sussistente
l’eleggibilità del Segretario Generale della Comunità, il quale non può
ritenersi titolare di alcun potere di controllo sull’attività del comune
membro. Opinando in modo differente, si perverrebbe all’assurdo di ritenere
che la legge abbia attribuito un potere di controllo agli stessi controllati.
La
norma dell’art. 2 n. 5 L. 154/81, proprio in quanto di stretta
interpretazione, postula, quindi, che, ai fini della sua applicabilità,
l’interprete guardi, ai singoli organi di cui si compone l’Ente e non già
allo stesso nel suo complesso, salvo poi verificare se essi esercitino, o meno,
poteri di controllo. Nel caso del Segretario Generale della Comunità Montana
deve escludersi tale ipotesi. La Corte non ha ritenuto opportuno soffermarsi sul
ruolo del Segretario all’interno dell’Ente alla luce delle riforme che ne
hanno interessato la figura a partire dalla L. 127/97 e dai D. L.vi 80/98 e
191/98 (modifica dell’art. 51 co. 3 L. 142/90 e attribuzione della
responsabilità degli uffici ai dirigenti o, altrimenti, ai responsabili di
servizio), lasciando intendere che, volta per volta, occorre operare una
distinta analisi in ragione della attribuzione o meno delle funzioni di
direttore generale (art. 17, co. 68, L. 127/97). Comunque, anche tale ultima
ipotesi non rileverebbe ai fini del nostro caso, innanzi tutto perché si
sarebbe in presenza della eventuale previsione di esercizio di poteri di
amministrazione attiva all’interno dell’Ente, e, in secondo luogo, in quanto
l’ineleggibilità di cui alla L. 154/81 richiede l’esercizio di poteri di
controllo «istituzionale», che, in quanto tali, non sono affatto connaturati
alla figura del Segretario Generale.
Segue
il testo della sentenza
(Giudizi
riuniti nn. 14/99 - 15/99 R.G. Ruolo elettorale)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
La
Corte di Appello di Napoli - sezione
I civile - così composta:
Dott.
Luigi Martone
Presidente
Dott. Giancarlo de Donato
Consigliere
Dott. Andrea Fiengo
Consigliere relatore
SENTENZA
nei
giudizi riuniti nn. 14 e 15 del registro generale reclami dell’anno 1999,
vertenti
TRA
Apicella
Antonietta, elettivamente domiciliata in Napoli, alla via C. Poerio n. 53 presso
l'avv. Gaetano Coduti (studio De Tilla), dal quale è rappresentata e difesa
APPELLANTE
E
Marcasciano
Gianfranco, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Carlo Poerio n. 98,
presso l’avv. Antonio Palma, dal quale e rappresentato e difeso unitamente
agli avv.ti Camillo Cancellario e Mario Verrusio
APPELLANTE
E
Martini
Domenico Antonio, Circelli Salvatore ed Agostinelli Donato, elettivamente
domiciliati in Napoli, alla via Monte di Dio n. 66, presso l'avv. Clemente
Bocchini. rappresentati e difesi dagli avv.ti Lucio Facchiano ed Ersilia
Facchiano
APPELLATI
E
Ricciardi
Giovanni, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Marino Turchi n. 31,
presso l’avv. Francesco Maria Del Vecchio, dal quale è rappresentato e difeso
APPELLATO
E
Buccione
Giovanni, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Duomo n. 348, presso gli
avv.ti Franco e Alfredo Iadanza ed Alessandro Biamonte, dai quali è
rappresentato e difeso
INTERVENTORE
APPELLATO
E
Il
P.G. della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli
INTERVENTORE
EX LEGE
CONCLUSIONI
Uditi
alla pubblica udienza del 4.2.2000 il P.G. presso la Corte di Appello di Napoli,
nonché gli Avv.ti Palma, Cancellario, Verrusio, Biamonte e Del Vecchio.
P.G.:
Chiede la conferma della sentenza di I grado con il conseguente rigetto
dell’appello
PP.CC.
appellanti ed interventore: Chiedono l’accoglimento dell’appello.
P.C.
appellato Ricciardi: Chiede il rigetto dell'appello.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
ricorso depositato il 14.7.99, Martini Domenico Antonio, Circelli Salvatore e
Agostinelli Donato chiedevano al Tribunale di Benevento che la decadenza dalla
carica di sindaco del Comune di San Bartolomeo in Galdo di Marcasciano
Gianfranco, ricorrendo la causa di ineleggibilità di cui all’art. 2 n. 5
della legge 23.4.81 n. 154, essendo il Marcasciano Segretario Generale della
Comunità Montana del Fortore, della quale faceva parte il Comune di S.
Bartolomeo in Galdo.
Analogo
ricorso veniva depositato, in data 16.7.99, da Ricciardi Giovanni.
Il Marcasciano si costituiva
nel giudizio proposto dal Ricciardi, eccependo la mancata integrazione del
contraddittorio nei confronti di tutti i consiglieri in carica, litisconsorti
necessari, e l'inammissibilità del ricorso perché proposto da consigliere
comunale avente un interesse personale contrastante con l’effetto che tendeva
ad ottenere con il ricorso; nel merito, contestava la fondatezza della domanda.
Alla fissata udienza di
discussione, spiegava intervento volontario, nel giudizio promosso dal Martini,
dal Circelli e dall'Agostinelli, Buccione Giovanni,
il quale eccepiva l'inammissibilità del ricorso perché notificato non in
proprio al Marcasciano, ma quale Sindaco del Comune, nel merito contestava il
fondamento del ricorso.
Disposta la riunione
dei due procedimenti, il Tribunale di Benevento, con la sentenza n 869/99 del
16.11/1.12.99, rigettava le varie eccezioni sollevate dalle parti e nel merito,
riteneva la Comunità Montana investita di preminenti poteri di controllo sul
comune, concretizzantisi, in particolare, nel controllo di confomità in
relazione all’approvazione di strumenti urbanistici e di piani di edilizia
economica e popolare; riteneva, inoltre, che il Segretario Generale della
Comunità avesse poteri analoghi a quelli del segretario comunale e provinciale
e che, quindi, quale capo dell’organizzazione burocratica dell'ente, fosse
chiamato a coordinare lo svolgimento delle limoni dirigenziali, con compiti di
superiore dirigenza; riteneva, pertanto, sussistente l’ipotesi di cui
all’art. 2 n. 5 della legge n. l54/8l e, conseguentemente, dichiarava il
Marcasciano decaduto dalla carica di sindaco, compensando integralmente tra le
parti le spese del giudizio.
Avverso detta sentenza,
con ricorso depositato il 7.12.99, proponeva impugnazione Apicella Antonietta,
elettrice del Comune di San Bartolomeo in Galdo,
la quale eccepiva la nullità della sentenza per omessa notifica del ricorso
proposto dal Ricciardi al PM. e per la mancata partecipazione di quest’ultimo
al giudizio, nonché per non avere lo stesso concluso nei due giudizi riuniti,
eccepiva, inoltre la decadenza dall’azione elettorale di Martini, Circelli ed
Agostinelli, per mancanza di rituale notifica del ricorso nel termine di legge,
nonché la mancanza di prova che gli stessi erano elettori del Comune al momento
delle elezioni, nonché ancora l’inammissibilità del ricorso proposto dal
Ricciardi per carenza di interesse; adduceva ancora che il contraddittorio
doveva essere integrato nei confronti di tutti i consiglieri comunali e, nel
merito, deduceva che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, nessuna
funzione di controllo istituzionale veniva esplicata dalla Comunità montana nei
confronti del Comune e che nessuna attività era espletata dal Segretario
Generale di tale comunità; chiedeva, pertanto, che fosse dichiarata la nullità
della sentenza e del giudizio di primo grado e che le parti fossero rimesse in
primo grado; in subordine, in via prelimnare che, riconosciuta la necessità
dello svolgimento del giudizio in contraddittorio con tutti i consiglieri
comunali in carica, fosse annullata la sentenza con rimessione delle parti
innanzi al Tribunale; in via ancora più gradata, che, previo annullamento
dell'ordinanza di riunione dei due procedimenti, fosse dichiarato nullo il
giudizio e la sentenza nel ricorso proposto dal Ricciardi, per assenza del P M.;
in via ulteriormente gradata, che fossero dichiarati inammissibili o rigettati
entrambi i ricorsi di primo grado, con vittoria, in ogni caso di spese ed
onorari del doppio grado di giudizio.
Il Martini, il Circelli, l’Agostinelli
ed il Ricciardi resistevano al proposto gravame; I primi tre proponevano
impugnazione incidentale relativamente alla dichiarata integrale compensazione
delle spese del giudizio di primo grado.
Si
costituiva anche il Buccione, il quale chiedeva l'accoglimento
dell’impugnazione.
Con
ricorso depositato il 15.12.99, proponeva appello anche il Marcasciano il
quale, per gli stessi motivi dedotti dall'Apicella, formulava le medesime
richieste.
Anche a tale gravame
resistevano il Martini, il Circelli, l'Agostinelli ed il Ricciardi, i primi tre
proponendo in via incidentale
impugnazione incidentale relativamente al governo delle spese di primo grado
Si costituiva anche il
Buccione, il quale chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, con tutte le conseguenze di legge.
Alla fissata udienza
del 4.2.2000, disposta la riunione dei due ricorsi, udita la relazione del
giudice all’uopo delegato, il P.G. ed i procuratori delle parti concludevano come indicato in
epigrafe. All'esito la Corte decideva come da dispositivo, che
veniva letto in udienza.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
(omissis)
Passando
all’esame del merito, deve subito dirsi che i proposti gravami sono fondati.
Come
è noto, l’art. 2 n. 5 della legge 23 aprile 1981 n 154 stabilisce che non
sono eleggibili a consigliere regionale, comunale e circoscrizionale «i
titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che
esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione della regione
della provincia o del comune nonché i dipendenti che dirigono i rispettivi
uffici».
Vertendosi
in terna di disposizione limitativa del diritto di elettorato la stessa è di
stretta interpretazione, dovendo essere circoscritta nei limiti di quanto è
indispensabile affinché siano soddisfatte le esigenze di pubblico interesse cui
sono preordinate.
Tutto
premesso e rilevato che la norma fa riferimento ad organi e non ad enti, quale
è indubbiamente la Comunità Montana, non può non tenersi conto che il
controllo esercitato deve essere «istituzionale».
L'espressione
«controllo istituzionale» non può, allo stato della legislazione vigente,
intendersi corrispondente ad una nozione di ingerenza in senso lato, così come
ritenuto con riferimento alla più generica locuzione «vigilanza» contenuta
nell’art. 15 n. 2 del precedente DPR n. 570/1960, dovendo la nuova formula
intendersi, invece, riferita ad una situazione di controllo in senso proprio.
Ciò
è dato desumere dall'innegabile tecnicismo dei termini adoperati, nel contesto,
per di più, di una legge che, con pretese di razionalizzazione della
materia ha ridisegnato le «cause di ineleggibilità» in senso più
rigoroso (con la conseguenza che talune situazioni in precedenza valutate come
tali sono transitate nella parallela categoria delle «cause di incompatibilità»),
postulando, perché sussista l'impedimento all'elettorato passivo, non una mera
situazione di inconciliabilità con lo svolgimento del mandato, bensì una più
pregnante condizione di inquinamento della stessa campagna elettorale, con
funzioni il cui svolgimento ponga il titolare in posizione di potenziale
preminenza, rispetto agli altri candidati, per l'influenza che può esercitare
sugli elettori (in tali termini, Cass. 16.3.90 n. 2201).
Non può, poi, trascurarsi che
l’uso da parte del legislatore del termine «istituzionale», porta anche a
far ritenere che quella di controllo debba essere l’attività esclusiva, o
almeno prevalente, dell'organo.
Ora, nel caso in esame, il
Tribunale ha ritenuto sussistente l’ineleggibilità del Marciano, Segretario
generale della Comunità Montana, per avere la Regione Campania delegato alle
Comunità Montane alcune sue funzioni, facendo poi
riferimento, in particolare all'approvazione degli strumenti urbanistici, al
controllo di conformità in relazione ai piani particolareggiati di esecuzione
ed all’approvazione dei piani di edilizia economica e popolare.
Ma tali
attività non rientrano in un controllo inteso in senso proprio,
dovendosi, invece, ritenere parti di atti complessi
Non va in proposito,
dimenticato che la Suprema Corte, con la citata decisione n. 2201/90, ha
ritenuto insussistente l’ineleggibilità di un soggetto ricoprente
qualifica dirigenziale nell’ambito dell’assessorato
regionale all’urbanistica, dato che «la funzione espletata dagli organi
urbanistici della regione, con l’approvazione degli strumenti urbanistici del
Comune, anche se non scevra da profili effettuali di potenziale ingerenza, non
realizza comunque una forma di controllo in senso tecnico, ma sostanzia
viceversa una “forma di concorso di volontà, espressione di una attività di
amministrazione attiva, necessaria per il perfezionamento di un atto
complesso” (v. amplius Cons. Stato,
sez. IV, 1982 n. 279)».
Ma, pur volendo, per ipotesi,
ritenere che si verta in tema di vera e propria attività di controllo, non può
certamente ritenersi che si tratti di un «controllo istituzionale», nel senso
che tale attività costituisca l’attività esclusiva o prevalente della
Comunità.
Per
rendersi conto del contrario, basta, infatti, rammentare che, in base all’art.
4 del Suo Statuto, la Comunità Montana del Fortore è «un soggetto di
programmazione e gestione del territorio montano e delle zone intercluse» che,
in quanto tale, «realizza una politica promozionale e di intervento, con la
collaborazione delle forze politiche, sociali, sindacali, economiche e di
cittadini operanti nel territorio».
Ma
v’è di più.
Ad
escludere che la Comunità Montana eserciti poteri di controllo sui comuni è la
stessa legge regionale 14.1.74 n. 3, istitutiva delle Comunità Montane in
Campania.
Tale
legge nel prevedere quale organo della Comunità Montana un Consiglio Generale,
stabilisce che detto Consiglio Generale debba essere formato da tre
rappresentanti di ogni Comune associato, eletti dai rispettivi Comunali nel
proprio seno (artt. 6-8).
Ora
non v’è chi non veda che, volendo attribuire alle Comunità Montane un potere
di controllo istituzionale sui Comuni associati, si perverrebbe all’assurdo di
ritenere che la legge abbia attribuito un potere di controllo agli stessi
controllati.
Non
può, infine, trascurarsi che, ad escludere l’esistenza di un controllo
istituzionale da parte delle Comunità Montane, per lo stesso motivo or ora
indicato, milita anche l'art. 7 della legge 3.8.99 n. 265,
secondo il quale il Presidente della Comunità Montana può cumulare la
carica con quella di Sindaco di uno dei Comuni della Comunità.
Tale
norma, pur essendo successiva all'elezione alla quale si riferisce la
fattispecie concreta, costituisce comunque utile elemento di interpretazione
della norma invocata. Quanto fin qui detto è sufficiente a far ritenere che la
qualità di Segretario Generale della Comunità Montana rivestita, non
costituisca causa di ineleggibilità del Marcasciano, senza dover ricorrere
all'esame delle funzioni connesse a tale qualità, in ordine alle quali,
comunque, sia pur solo per completezza, va osservato che la Corte non ritiene di
poter condividere le argomentazioni degli appellanti, atteso che l'art. 17, c.
68, della legge n 127/97 fa salva l'ipotesi che lo Statuto dell’Ente
attribuisca al Segretario le funzioni di direttore generale.
L’accoglimento
degli appelli principali esime dall'esame di quelli incidentali, relativi al
governo delle spese di primo grado.
In
considerazione della natura della controversia, delle questioni di diritto
prospettate e della mancanza di precedenti giurisprudenziali relativi
specificamente alle Comunità Montane, si ritengono sussistenti i giusti motivi
di cui all’art. 92 c.p.c. per dichiarare integralmente compensate tra tutte le
parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
La
Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando sugli appelli di cui
sopra, cosi decide:
a)
accoglie gli appelli e per
l'effetto, rigetta le proposte domande di Marcasciano Gianfranco dalla carica di
Sindaco del Comune di S. Bartolomeo in Galdo;
b)
dichiara
integralmente compensate tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi di
giudizio.
Così deciso in
Napoli, in camera di consiglio, il 4.2.2000